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Volano masse gestite da robo advisor, in Italia verso i $400 milioni

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Sul mercato italiano le masse gestite da robo advisor supereranno a fine 2019 i 400 milioni di dollari (circa 358,2 milioni di euro). E’ quanto riporta il Quaderno Fintech della Consob al “Valore della consulenza finanziaria e robo advice nella percezione degli investitori“, nel quale si spiega che, a livello mondiale, il dato supererà i 980 miliardi di dollari, oltre 877 miliardi di euro.

Un trend di crescita destinato a continuare. Si prevede infatti che le masse gestite da robot saliranno nel mondo del 27% all’anno fino al 2023 quando raggiungeranno i 2.552 miliardi di dollari con 147 milioni di clienti serviti, mentre la crescita media in Italia nello stesso periodo sarà addirittura del 51% all’anno.

Allo stato attuale, il mercato statunitense risulta il più maturo, con quasi 750 miliardi di dollari di AuM (dato al 2019) e 200 operatori attivi (dato al 2017); seguono il mercato cinese (179,4 miliardi di dollari) e quello del Regno Unito (14,8 miliardi di dollari), entrambi con un numero di operatori pari a 20 (Burnmark, 2017).

Lo studio realizzato dalla Consob in collaborazione con l’Università Roma Tre e l’Università Lumsa, analizza la percezione degli investitori a proposito del robo advice, la consulenza finanziaria dettata dagli algoritmi con l’intento di capire se possa essere uno strumento utile a ridurre il cosiddetto advice gap, ovvero la mancanza di consulenza che riguarda proprio molti piccoli risparmiatori.

Patrimoni amministrati restano “mini”

In base a quanto emerso nello studio, la dimensione media dei patrimoni amministrati dagli algoritmi è però abbastanza ridotta (21 mila dollari di media nel mondo 14 mila in Italia).

“Il mercato attuale infatti – spiega la ricerca –  è caratterizzato dalla presenza di un’ampia fascia di investitori che ricevono un servizio molto ‘standardizzato’ poiché hanno un patrimonio molto basso ovvero non accedono al servizio perché il prezzo di offerta è superiore alla loro disponibilità a pagare”.

Prevale ancora l’informal advice

In ambito domestico, ad esempio, si stima che solo il 30% degli investitori si avvalga di un supporto professionale attraverso i consigli di un consulente finanziario dedicato, mentre circa il 40% si rivolge esclusivamente ad amici, parenti e colleghi (cosiddetto informal advice).

Il principale deterrente alla domanda di consulenza è, dopo la sfiducia verso gli intermediari, la convinzione che non sia necessaria perché si investono piccole somme di denaro. Tra gli investitori assistiti da consulenza, infine, la maggior parte non è consapevole del costo del servizio e non è comunque disposta a pagarlo.