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Fiscal Compact e pericolo manovre: tre scenari per l’Italia. Dal peggiore al migliore

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ROMA (WSI) – Il tema di lungo periodo di maggiore rilevanza per le finanze pubbliche resta quello del debito e della necessità di ridurlo per garantirne la sostenibilità.

Da alcune simulazioni sulla dinamica del debito pubblico realizzate dall’AIAF emerge quanto sia cruciale – per il rispetto del Fiscal Compact – da una
parte contenere il costo del debito preservando la credibilità del nostro Paese sui mercati finanziari, dall’altra la necessità di incrementare le potenzialità di crescita dell’economia italiana (almeno dell’1,5% in termini reali) e di tagliare la spesa pubblica improduttiva per rafforzare il saldo primario.

Se tali condizioni saranno rispettate non saranno necessarie misure aggiuntive per essere in linea con il Fiscal Compact. Il piano del Governo Renzi rappresenta un passo nella giusta direzione, ma andrà valutato alla prova dei fatti già a partire dai prossimi mesi.

Sulla base delle informazioni disponibili, le misure proposte potrebbero portare una maggiore crescita del PIL dello 0,5% quest’anno e dello 0,7% il prossimo anno.

L’andamento dei conti pubblici italiani riflette la maggiore attenzione posta allo stimolo della crescita economica, soprattutto tramite il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle aziende, ma anche qualche concreta evidenza di recupero dell’attività economica. La dinamica recente è in linea con gli obiettivi di bilancio, ma le risorse per un ulteriore stimolo alla ripresa devono necessariamente passare per una significativa riduzione della spesa “improduttiva”.

L’andamento degli indicatori economici conferma che la ripresa è in corso e che sarà più visibile nel 2014 anche nel mercato del lavoro. Il recupero degli indicatori di fiducia si sta trasmettendo all’attività produttiva, che inizia a registrare una crescita congiunturale. Permane un gap strutturale per l’economia italiana, determinato dalla carenza di riforme del mercato del lavoro, dei servizi, della Pubblica Amministrazione e delle istituzioni.

Una simulazione sul debito pubblico italiano

Il tema di lungo periodo di maggiore rilevanza per le finanze pubbliche resta quello del debito e della necessità di ridurlo per garantirne la sostenibilità. A meno di sorprese per il ciclo economico mondiale i prossimi due anni dovrebbero garantire una moderata crescita economica, soprattutto se le misure
annunciate saranno puntualmente implementate.

Tuttavia, sarà opportuno utilizzare tale periodo per affrontare con altrettanta decisione il tema del debito pubblico che nel dibatto politico ed economico appare, al momento, un po’ trascurato. In occasione della prossima recessione, che naturalmente auspichiamo avvenga il più tardi possibile, il nostro Paese dovrà essere pronto a utilizzare i margini di deficit e di debito disponibili per una politica fiscale espansiva; un livello del debito eccessivamente alto potrebbe, infatti, compromettere tale strumento di politica economica, soprattutto se i mercati finanziari dovessero giudicare eccessivo il livello del debito e determinare una nuova risalita dello spread e dei tassi d’interesse.

Senza contare l’avvio dell’applicazione del Fiscal Compact, che implica una riduzione progressiva deldebito pubblico (un ventesimo all’anno a partire dal 2015 rispetto alla media di 3 anni).

A questo riguardo va sottolineato che il rispetto di tale Trattato è ottenuto con riferimento alle previsioni di riduzione del debito e non rispetto ai dati storici e che, in ogni caso, si tratta di un giudizio sostanzialmente politico che tiene conto della situazione e degli sforzi complessivi del nostro Paese.

A ogni modo, consapevoli dell’importanza della dinamica del debito pubblico italiano, presentiamo alcune simulazioni per approfondire la sostenibilità dei conti pubblici, anche alla luce delle misure proposte dal nuovo Governo.

Come noto, i parametri cruciali per comprendere la dinamica futura del debito pubblico sono la spesa per interessi, che dipende dall’entità del debito complessivo e dal costo del debito, il saldo primario, che coincide con il deficit pubblico al netto della spesa per interessi, e la crescita economica nominale che tiene conto anche della dinamica inflazionistica.

Se ipotizzassimo costanti per il futuro i valori registrati nel 2013 (un debito pari a 2.069 miliardi di Euro, una spesa per interessi pari al 5,3% del PIL, un saldo primario pari al 2,2% del PIL e una crescita nominale pari a -1,7%), il debito pubblico italiano sarebbe insostenibile e supererebbe il 200% del PIL in meno di 10 anni.[ARTICLEIMAGE]

Nell’ipotesi di una crescita economica nominale del 2,5% (dal precedente calo di -1,7%), di una riduzione della spesa per interessi (al 4,5% del PIL dal 5,3%) e di un moderato aumento del saldo primario (al 3,5% del PIL dal 2,2%) il debito tornerebbe a scendere senza la necessità di misure straordinarie, ma il ritmo di
discesa sarebbe troppo lento per rispettare il Fiscal Compact.[ARTICLEIMAGE]

Con un’ulteriore marginale riduzione della spesa per interessi (al 4% del PIL dal 4,5%, corrispondente al 3% circa in rapporto al debito), una crescita economica nominale di lungo periodo dell’1% superiore al caso precedente (3,5% invece che 2,5%) e una riduzione della spesa pubblica di almeno 35 miliardi di Euro, che consentirebbe un aumento del saldo primario al 4,4% (il Governo a oggi prevede di raggiungere i 32 miliardi di Euro di spending review nel 2016), il rapporto debito/PIL sarebbe sotto il 100% in 8 anni e rispetterebbe i
criteri del Fiscal Compact.[ARTICLEIMAGE]

Dalle simulazioni sopra riportate è evidente quanto sia cruciale da una parte contenere il costo del debito preservando la credibilità del nostro Paese sui mercati finanziari, dall’altra la necessità di incrementare le potenzialità di crescita della nostra economia (almeno all’1,5% in termini reali) e di tagliare la spesa pubblica improduttiva per rafforzare il saldo primario. Se tali condizioni saranno rispettate non saranno necessarie misure aggiuntive per essere in linea con il Fiscal Compact.