ROMA (WSI) – L’Italia ripiomba nuovamente nell’incubo dell’aumento Iva. Se il nostro Paese non riuscirà a ridurre la spesa pubblica o a incassare le tasse sperate scatterà l’aumento automatico dell’Iva tra i 2019 e il 2020 al 25%.
Si tratta delle famose clausole di salvaguardia, misure di riserva che permettono al Governo di modificare la politica fiscale nel caso in cui i conti pubblici non dovessero tornare. Da qui lo spettro dell’aumento dell’aliquota Iva dal 22 al 25 per cento che si traduce in un aggravio sui beni di largo consumo.
Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, i prodotti più colpiti dall’inevitabile rincaro saranno l’abbigliamento, le calzature, mobili ed elettrodomestici fino alle parcelle dei professionisti, strumenti musicali, articoli per giardinaggio, servizi di lavanderia, riparazione e noleggio di abiti, e infine bevande gassate, superalcolici, spumanti, birra, succhi di frutta, vino e perfino l’acqua minerale.
Non verranno toccate invece le aliquote al 4 e al 10%. La prima si applica a beni di prima necessità quali burro, formaggi e latticini, ortaggi, legumi, frutta, frumento, farina, olio, pasta, giornali, case di abitazione non di lusso, canoni di abbonamento alle radiodiffusioni, alimenti acquistati presso bar, ristoranti, prestazioni socio-sanitarie, appalti su edifici per prima casa.
L’aliquota al 10% invece si applica su latte fresco, uova, miele, prodotti di origine animale, uva da vino, tè, spezie, riso, avena, zucchero, carne, pesce, yogurt, frutta, acqua, legna da ardere, energia elettrica per uso domestico, prodotti petroliferi per uso agricolo e per la pesca in acque interne, spettacoli teatrali di qualsiasi tipo. L’aumento dell’Iva si può evitare se il governo sarà in grado di trovare le risorse economiche. Non resta che attendere la legge di bilancio 2018, in dirittura d’arrivo per capire se si sarà o meno l’aumento Iva.