ROMA (WSI) – “Forza Italia deve essere pronta in caso di elezioni anticipate. Deve essere il motore trainante di una riorganizzazione del centrodestra. Ma se la percezione è quella di un’opposizione silenziosa che rischia di perdere credibilità dobbiamo riposizionarci”. Lo dice Raffaele Fitto su SkyTg24.
“I numeri indicano chiaramente che il voto è stato molto complesso tra i diversi gruppi parlamentari. Attribuire alle sole divisioni di FI l’esito della votazione sarebbe un errore. C’è un problema in diversi gruppi a partire dal Pd”, ha poi detto Fitto di FI che, riferendosi alle elezioni per la Consulta sostiene: “Penso ci sia bisogno di un confronto maggiore con i gruppi parlamentari”.
“Lo dico senza polemica: sarebbe stato utile avere occasioni di un maggior coinvolgimento, avrebbe evitato situazioni da non attribuire a logica politica ma a un malessere generale. Violante e Catricalà – rileva – sono nomi di grande livello. Ma il tema è riuscire a fare in modo che i gruppi parlamentari non sappiano a pochi minuti le indicazioni, ma siano maggiormente coinvolti. Questo eviterebbe i problemi. Ritengo che quanto sia successo non sia frutto del dissenso di un singolo o di un gruppetto, ma di una situazione più ampia”.
“Io non sono abituato a rappresentare le fronde, perché le fronde si muovono nel silenzio, mentre io parlo pubblicamente. Da tempo vado dicendo che sia indispensabile aprire un dibattito nel partito. Non accetto, però, quanto accaduto l’altro giorno, perché nessuno ha titolo per dire alcune cose nel partito, serve un confronto aperto”, ha concluso Fitto sulle tensioni interne al suo partito. E Fitto ripete ancora che non intende andarsene, ma continuerà a condurre la sua battaglia da dentro il partito.
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Patto del Nazareno scricchiola
di Paola Di Caro
Nel giro ristretto del Cavaliere ormai ne parlano come di «una nuova fase». Diversa da quella che ha dominato gli ultimi mesi della legislatura, con il Patto del Nazareno a scandire la vita parlamentare, l’accordo a due gestito «da un sinedrio» e la cordiale intesa tra maggioranza e opposizione che poco va giù alla pancia sia del Pd che di Fi. Da agosto a oggi, raccontano, «molto è cambiato».
Non solo nella consapevolezza degli azzurri, degli alleati potenziali — da Ncd a Fdi e a una parte della Lega — che si deve andare a una stretta e riallacciare i rapporti, in fretta, ma anche nella testa di Berlusconi. L’ex premier non sta preparando agguati a Renzi. La sua intenzione resta quella di tener fede al patto delle riforme. Ma la consapevolezza, sua e dei suoi, è che una stagione potrebbe anche essere agli sgoccioli. Complice infatti la situazione dell’economia che non accenna a migliorare, e quelli che vengono considerati — se non passi falsi — comunque segnali di difficoltà evidenti nell’agire di Renzi, la convinzione è che il voto anticipato in primavera non sia affatto un’ipotesi di scuola ma uno scenario realistico.
E se l’intenzione del presidente del Consiglio fosse davvero quella che lui stesso avrebbe confidato ad alcuni interlocutori — almeno così giura di aver saputo un ex ministro azzurro — e cioè che entro maggio si andrà alle urne, allora bisogna gradualmente cambiare registro, senza farsi invischiare da quello che lo stesso Berlusconi vede come un «graduale logoramento».
Raccontano infatti che perfino le parole dello scomodissimo Raffaele Fitto pronunciate ieri a «L’Intervista» di Maria Latella — e cioè che l’opposizione «non dovrà essere silenziosa, dovrà incalzare il governo se non si vuole perdere credibilità» e se si vuole «essere pronti a tutto, anche al voto anticipato» — non abbiano fatto arrabbiare il Cavaliere. In fondo lui il ragionamento lo comprende, e i toni usati non sono stati considerati aggressivi né negativi.
Ma a incidere sul quadro politico, in casa Forza Italia, c’è anche il sempre più evidente fastidio per il ruolo assunto da Verdini, assieme a Letta, nel dialogo con Renzi. Un dialogo che esclude il resto del partito, tenuto sullo sfondo a languire. E il voto di ribellione a Catricalà dei giorni scorsi è stato un campanello d’allarme rispetto al clima che si respira trasversalmente in Parlamento, che Berlusconi non ha affatto sottovalutato, tanto che si va verso l’indicazione di Bruno (gradito ai «ribelli») come giudice della Consulta.
Per questo, la sua parola d’ordine — ripetuta anche ai coordinatori della Lombardia Maria Stella Gelmini, che gli ha presentato il Corso di formazione del partito che si terrà da venerdì a Sirmione, e del Veneto Marco Marin, ricevuti sabato sera ad Arcore — è «organizzarsi al meglio» e stringere tutte le alleanze possibili.
È vero che con la Lega le difficoltà sono ancora tante, e «non dobbiamo rischiare che con quell’atteggiamento da partito di lotta e di governo loro dall’alleanza prendano tanto e noi niente…», ma la strada del rimettere assieme tutto il centrodestra è «l’unica da percorrere».
Per riprendere in mano il filo di una situazione che lo vede da settimane solo sullo sfondo, Berlusconi — che ieri si è dedicato ai figli e al Milan — domani sarà a Roma. Previsti incontri con i vertici, con i rappresentanti delle forze dell’ordine mercoledì, con tutti i coordinatori regionali giovedì. Allo stato invece non è annunciato alcun faccia a faccia con Renzi. Non che non si possa organizzare in segreto, ma nessuno ha voglia di parlarne.
La cautela in un momento così delicato è d’obbligo. Anche nei confronti dello stesso premier: pare che non sia piaciuto al leader Pd l’attivismo del Cavaliere pro Putin, e tantomeno la sua telefonata sul tema alla Mogherini: il rischio, secondo Palazzo Chigi, è che con certe posizioni forti si creino problemi all’Italia, presidente di turno dell’Ue. E Berlusconi, da qualche giorno, sul tema tace.
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