Tagliare le tasse alle banche sarebbe sia impopolare sia controproducente. Così scrive Mediobanca in un suo report in cui fa le pulci alla flat tax, letteralmente la “tassa piatta”, un sistema fiscale previsto nel contratto di governo Lega-M5S.
La flat tax prevede un’unica aliquota indipendente dal livello di reddito personale dei contribuenti. Come funzionerà? Ecco cosa si legge nel contratto che il Movimento Cinque Stella ha pubblicato on line sulla piattaforma Rosseau per sottoporlo alla votazione degli iscritti .
Il concetto chiave è “flat tax”, ovvero una riforma fiscale caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni per garantire la progressività dell’imposta, in armonia con i principi costituzionali. In particolare, il nuovo regime fiscale si caratterizza come segue: due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite IVA, imprese e famiglie; per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3.000,00 euro sulla base del reddito familiare. La finalità è quella di non arrecare alcun svantaggio alle classi a basso reddito, per le quali resta confermato il principio della “no tax area”, nonché in generale di non arrecare alcun trattamento fiscale penalizzante rispetto all’attuale regime fiscale. Una maggiore equità fiscale, dunque, a favore di tutti i contribuenti: famiglie e imprese.
L’aliquota al 15% per le imprese include le banche il cui impatto, dice Mediobanca, può erodere circa 100bps di capitale Cet1 delle banche italiane.
“Abbiamo calcolato che la rivalutazione delle DTA possa erodere circa 110 punti base del capitale Cet1 delle banche sotto esame dopo aver calcolato anche una quantità più bassa di Rwa. Banco Bpm , Carige e il Credito Valtellinese sarebbero quelle colpite più duramente dato l’elevato ammntare di DTA relative a svalutazioni di crediti non detratte in passato. Mps potrebbe emergere relativamente incolume dal momento che le consistenti perdite subite negli ultimi anni hanno permesso alla banca di trasformare le DTA in crediti d’imposta: 1,1 miliardi di euro nel 2017, 2,2 miliardi nel 2015″ (…) Il Credem e la Banca Popolare di Sondrio stanno dal lato opposto dello spettro, data la bassa quantità di perdite su crediti sofferta in passato. Infine, riteniamo che Unicredit possa subire un danno inferiore di 30 punti base rispetto a Intesa Sanpaolo . D’altra parte, tagli fiscali potrebbero aumentare l’utile per azione del 15-20% (…) Abbiamo fatto una simulazione, ma non crediamo che quanto detto sopra possa accadere (…) Il nuovo governo probabilmente avrà un programma di deficit-spesa che necessita di ulteriori entrate fiscali per limitare il deficit. Tagliare le tasse alle banche sarebbe sia impopolare sia controproducente. La ripresa economica è in corso e un sistema bancario sano è fondamentale. Le banche stanno guarendo, non sono guarite. Un regresso sul Cet1 non sarebbe l’ideale”.