Nuovo allarme sul debito pubblico mondiale. A lanciarlo è il Fondo monetario internazionale, in uno dei capitoli analitici del Fiscal Monitor, che sarà presentato il 22 ottobre. Le ultime stime dell’istituto di Washington parlano di livello “molto elevato”, che dovrebbe superare quest’anno i 100 mila miliardi di dollari, attestandosi al 93% del Pil.
Una crescita trainata da Cina e Stati Uniti. E che dovrebbe segnare nuovi aumenti entro la fine del decennio, quando è visto in prossimità del 100% del Pil. Ma potrebbe andare peggio. In caso di crisi improvvise, il rapporto tra debito e ricchezza prodotta potrebbe potrebbe salire fino al 115% già nel 2026.
Debito, Italia sotto osservazione
Alla luce delle stime di crescita del debito, per il Fondo monetario internazionale non c’è tempo da perdere. L’invito dell’istituto di Washington è intervenire al più presto perché “ritardare” un’azione sarebbe “costoso”.
“Anche se si prevede che si stabilizzi o diminuisca in circa due terzi dei Paesi – analizza l’Fmi -il debito rimarrà ben al di sopra dei livelli previsti prima della pandemia. I Paesi in non si prevede una stabilizzazione del debito rappresentano più della metà del debito globale e circa due terzi del Pil mondiale”.
E qui la nota dolente per l‘Italia, vista tra i Paesi il cui debito segnerà una crescita ulteriore, insieme a Brasile, Francia, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti.
“Nei Paesi in cui si prevede un ulteriore aumento del debito, un ritardo renderà l’aggiustamento richiesto ancora più ampio“, spiega l’ Fmi, sottolineando che “aspettare è rischioso. Le esperienze passateci dimostrano che un debito elevato può innescare reazioni avverse del mercato e limitare lo spazio di manovra” in caso di shock.
Come ricordato in una nota recente da Mazziero Research, nei primi sei mesi dell’anno, il debito pubblico italiano è cresciuto di 99 miliardi a 2.948 miliardi. Un cifra destinata a salire ancora entro fine anno, quando si attende un aumento nella forchetta tra 2.937 e 2.970 miliardi.
La ricetta dell’Fmi
L’FMI non si ferma ad osservare il fenomeno, ma mette nero su bianco quella che a suo avviso dovrebbe essere la strada da seguire per affrontare il debito elevato. A partire dall’adozione di “aggiustamenti fiscali molto più consistenti di quelli attualmente previsti”. L’aggiustamento cumulativo necessario, in media, è del 3,0%-4,5% del Pil per stabilizzare o ridurre il debito con alta probabilità. L’entità dell’aggiustamento richiesto è superiore a quello attualmente previsto, e quasi il doppio di quelli passati, soprattutto in quei paesi in cui non si prevede che il debito si stabilizzerà” concludono gli economisti dell’FMI.
Bankitalia: agosto in crescita per il debito
Nel frattempo, oggi Bankitalia ha comunicato che, nel mese di agosto, il debito pubblico italiano è aumentato di 11,9 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.962,5 miliardi. L’incremento – spiega Via Nazionale è dovuto all’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (19,8 miliardi, a 65,2) e all’effetto complessivo di scarti e premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio (0,2 miliardi), parzialmente compensati dall’avanzo di cassa (8 miliardi). Rispetto ai dati diffusi a settembre, il debito pubblico è stato rivisto al rialzo di 2,5 miliardi nel 2020, 4,6 nel 2021, 4,7 nel 2022 e 5,0 nel 2023.
Per quanto riguarda la ripartizione, la quota del debito detenuto dalla Banca d’Italia ha segnato una lieve flessione al 22,7%, dal 22,9 del mese precedente; a luglio (ultimo mese per cui questo dato è disponibile) quella detenuta da non residenti è leggermente aumentata (al 29,4%, dal 29,3 di giugno), mentre quella in capo agli altri residenti (principalmente famiglie e imprese non finanziarie) è rimasta stabile al 14,4%.