Mentre le economie dei paesi industrializzati subiranno una frenata, quelle dei mercati emergenti accelereranno. Sono le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che ha anche avvertito dei rischi di un “improvviso riassestamento dei prezzi” degli asset finanziari.
Secondo l’aggiornamento del suo World Economic Outlook di luglio, la variazione del PIL delle prime dovrebbe comunque restare sopra il trend del 2,4% quest’anno, prima di rallentare il passo al +2,2% nel 2019. Le previsioni potrebbero diventare decisamente più negative, fa sapere il Fondo, se la disputa commerciale si dovesse trasformare in una guerra dei dazi dannosa.
Stando ai calcoli dell’FMI, se scoppia una guerra commerciale a tutto campo, “migliaia di miliardi di dollari di crescita economica saranno spazzati via”. Il conflitto avviato da Trump contro il resto del mondo potrebbe costare circa 430 miliardi di dollari, con “l’America particolarmente vulnerabile” a un’escalation della guerra tariffaria.
L’economista dell’FMI Maurice Obstfeld sottolinea che l’Europa sembra meno stabile ora di quanto non fosse tre mesi fa, quando l’Italia ancora non aveva visto insediarsi il nuovo governo giallo-verde e quando la Germania non era ancora entrata in una crisi politica per via della questione dei migranti.
L’incertezza politica è cresciuta in Europa, dove l’Unione Europea deve far fronte ad alcune sfide politiche difficili riguardanti la politica migratoria, la governance fiscale, le norme sullo stato di diritto e l’architettura istituzionale dell’area euro. In tutto questo “i termini della Brexit rimangono ancora sconosciuti nonostante mesi di negoziati”.
Obstfeld è preoccupato anche dalla “troppa compiacenza” dei mercati finanziari nei confronti della possibilità che esploda veramente un conflitto commerciale e anche verso le tensioni geopolitiche crescenti nel mondo.
Nello specifico le stime per l’Eurozona sono di una crescita in flessione dal 2,4% del 2017 al 2,2% del 2018 e 1,9% del 2019. Rispetto all’outlook di aprile, le percentuali rappresentano una revisione al ribasso dello 0,2% per il 2018 e dello 0,1% per l’anno successivo.
Le stime sono state tagliate per le tre principali forze economiche dell’area. Nel caso di Germania e Francia il downgrade è dovuto a un indebolimento dell’attività più intenso del previsto nei primi tre mesi dell’anno, mentre in Italia pesano l’ampliamento dello Spread e quindi le condizioni finanziarie più complicate, conseguenza delle incertezze politiche che tra l’altro gravano sulla domanda interna.