ROMA (WSI) – L’allarme arriva forte e chiaro e a lanciarlo è l’Fmi, ovvero il Fondo Monetario Internazionale.  Esattamente, il numero due David Lipton, in occasione di un discorso proferito all’associazione Nabe (National Association of Business Economics), a Washington.
La speranza alimentata dal recupero generale del settore delle materie prime, petrolio in primis, delle ultime sessioni, viene così bruscamente spezzata da Lipton, che, oltre all’allarme, ha lanciato anche un appello ai paesi sia avanzati sia di sviluppo, affinché agiscano in modo concreto per sostenere la crescita dell’economia mondiale.
Lipton ha parlato di un aumento dei rischi che incombono sulla congiuntura:
“Gli ultimi dati dell’Fmi relativi all’economia globale mostrano di nuovo uno scenario in rallentamento. In più, i rischi sono aumentati ulteriormente, con la volatilità dei mercati finanziari e il basso livello dei prezzi delle materie prime che stanno creando nuove preoccupazioni sulle condizioni di salute dell’economia globale”. Ancora peggio, “queste preoccupazioni sono alimentate dalla percezione secondo cui le banche centrali di molte economie avrebbero ormai esaurito le loro munizioni o perso la volontà di dispiegarle”.
Per Lipton è necessario che le principali economie diano una risposta triplice, esattamente con interventi di natura fiscale e monetaria e con riforme strutturali. Anche perchè lo scenario non è affatto di buon auspicio. Litpon elenca le sfide di ogni area:
- “In molte aree dell’Europa, per esempio, i bilanci sia sovrani che del settore privato rimangono altamente esposti al rischio e i crediti non performanti delle banche sono alti. Negli Stati Uniti, le pressioni che incombono sulle spese previdenziali e i bisogni di infrastrutture che non sono stati soddisfatti riducono le prospettive di crescita. E in Giappone la deflazione sta mettendo a rischio la ripresa”.
- “Allo stesso tempo, stiamo assistendo all’affacciarsi di nuovi rischi. Il rallentamento economico globale sta provocando danni sui bilanci delle banche e le condizioni di accesso ai finanziamenti si sono irrigidite in modo considerevole. Nei mercati emergenti, si sta cercando di smaltire la capacità in eccesso con un forte calo nelle spese in conto capitale, mentre il debito privato in crescita, spesso denominato in valuta estera, sta aumentando i rischi per le banche e i conti pubblici”.
- “I timori sull’outlook globale hanno pesato in modo sostenuto sui mercati finanziari mondiali. Il calo degli indici di Borsa, nel 2016, è stato finora in media superiore al -6%, e si è tradotto in una perdita della capitalizzazione di mercato azionario globale superiore a $6 trilioni ($6.500 miliardi, pari all’8,5% del Pil globale). Si tratta all’incirca della metà della perdita di $12,3 trilioni sofferta nella fase più acuta della crisi finanziaria globale.
- La cosa che potrebbe essere più sconcertante di tutte è che la crescita dell’avversione globale al rischio sta provocando una forte flessione nei flussi commerciali e di capitali a livello globale. L’anno scorso, per esempio, i mercati emergenti hanno assistito a flussi capitali in uscita, su base netta, di $200 miliardi, rispetto ai $125 miliardi di flussi in entrata, su base netta, del 2014. I flussi commerciali sono contestualmente zavorrati dalla debolezza delle importazioni ed esportazioni nei mercati emergenti rilevanti come Cina, così come Russia e Brasile, economie che fanno fronte a uno stress considerevole”.