Senza un certo grado di unione fiscale, l’eurozona continuerà ad affrontare “rischi esistenziali che i responsabili politici non dovrebbero ignorare”. Scrivono così in un’analisi gli esperti dell’Fmi Helge Berger, Giovanni Dell’Ariccia e Maurice Obstfeld. Non è una proposta nuova, ma secondo i tre il clima economico attuale è favorevole e potrebbe essere il momento per far avanzare la discussione e la possibilità di rafforzare l’area euro.
Come spiegano dall’Fmi, se l’Unione economica e monetaria europea fosse come qualsiasi altra grande area monetaria, come gli Stati Uniti, gli Stati membri affronterebbero insieme gli shock economici o finanziari. Avrebbero conferito potere a un governo centrale o a istituzioni gestite in modo congiunto per fornire assistenza fiscale agli Stati in recessione profonda. Ma l’Uem non è un’unione politica, e i suoi Stati membri rimangono molto esposti a shock, in particolare considerando gli alti livelli del debito pubblico.
Vista la minaccia rappresentata dai legami ancora forti tra banche e Stati sovrani, secondo l’analisi, come primo passo l’Uem dovrebbe completare la sua unione bancaria e poi procedere verso un’unione fiscale, creando un sistema attraverso il quale gli Stati membri si assicurino reciprocamente, condividendo il rischio fiscale. Una via suggerita dal rapporto è quella di un sistema di assicurazione contro la disoccupazione a livello dell’Uem per stabilizzare direttamente i redditi privati. Tuttavia, si legge:
Una capacità fiscale centrale dedicata, che raccoglierà i contributi annuali degli Stati in cambio di trasferimenti collegati a shock locali quando si verificano, offrirebbe alcuni degli stessi benefici senza richiedere l’armonizzazione che sarebbe necessaria per l’assicurazione contro la disoccupazione.
Un prossimo documento dell’Fmi descriverà come questo può essere realizzato. Secondo l’Fmi, un vantaggio ulteriore dell’introduzione di una condivisione del rischio fiscale potrebbe essere una maggiore disciplina di bilancio, perché renderebbe più credibile la regola del “no bailout” nell’eurozona.