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Fmi, ultimatum a Grecia e allarme fasullo su debito privato Italia

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ROMA (WSI) – Un chiaro avvertimento alla Grecia è arrivato dal Fondo Monetario Internazionale. Più che avvertimento, si tratta di un ultimatum, che è stato annunciato da Poul Thomsen, responsabile del dipartimento europeo dell’Fmi, ai ministri delle Finanze dell’Eurozona.

Di fatto, Atene rischia di rimanere senza il sostegno vitale dell’Fmi, a meno che i creditori dell’Eurozona non decideranno di svalutare in modo significativo il debito sovrano greco.

Se ciò non avverrà, l’Fmi potrebbe decidere di non rilasciare quella porzione della tranche di bailout da 7,2 miliardi di euro, che la Grecia sta cercando disperatamente di ottenere, al fine di evitare la bancarotta.

La metà di questi finanziamenti dovrebbe arrivare proprio dall’istituzione di Washington. Senza la liquidità, Atene rischia di rimanere senza soldi alla fine di questo mese.

Sui mercati il rendimento dei titoli di stato ellenici a due anni è salito al 20,7% dal 19,5% della chiusura di ieri.

Il motivo alla base della decisione dell’Fmi risiede nelle nuove stime, secondo cui Atene dovrebbe soffrire un deficit dell’1,5% del Pil nel corso del 2015. Stando ai termini del bailout esistente, la Grecia dovrebbe invece presentare un surplus primario del 3% del Pil nel 2015.

Il Fondo ha anche lanciato un allarme sul debito privato italiano, cresciuto dal 38,2% del Pil nel 2007 al 42,8% del 2014, secondo i calcoli dell’istituto di Washington. Tuttavia la situazione non si è deterioata come fanno credere i dati a una prima lettura.

Innanzitutto i calcoli del Fondo non tengono conto del parallelo calo del Pil, sceso dai 1.492 miliardi del 2007 ai 1.362 di sette anni dopo. Come sottolinea la società di consulenza Prometeia in realtà “negli ultimi due anni i debiti delle famiglie in valore assoluto sono rimasti stabili se non leggermente diminuiti”.

Analizzate nel giusto contesto e in particolare rispetto alla situazione internazionale, aziende e famiglie italiane non sono così tanto indebitate. Al momento i nuclei familiari nostrani hanno un debito pari al 62,9% del reddito disponibile, contro una media dei Paesi area euro decisamente più alta, pari al 96%. Lo stesso Fondo stima che da qui al 2020 i numeri tornino ai valori del 2007.

Rispetto alle famiglie le imprese presentano debiti abbastanza alti, ma non è una novità e il passivo tende nel complesso a essere decisamente sbilanciato verso il settore bancario. Dichiarare insomma come ha fatto il Fondo che il problema si sta aggravando non è del tutto corretto.

Negli ultimi sette anni la crescita del debito delle società italiane è stata di 5,2 punti percentuali rispetto al Pil, dal 71,5 al 76,7%. Se confrontato con l’84% della Francia, il 94% della Spagna e il 75% del Regno Unito, si scopre che il dato è meno preoccupante di quel che sembra.

(Lna-DaC)