Sono 11,7 milioni gli investitori italiani in fondi comuni. La terza e ultima giornata del Salone del Risparmio 2022 è stata l’occasione per tracciare il loro identikit da parte dell’ufficio studi di Assogestioni. La ricerca, intitolata “Osservatorio sui sottoscrittori di fondi comuni”, presenta i dati aggiornati a dicembre 2021, e dall’anno scorso è stata estesa anche ai fondi esteri collocati presso la clientela italiana. Lo studio analizza fin dal 1996 le informazioni sugli investitori individuali e i suoi risultati sono stati presentati oggi da Riccardo Morassut, senior research analyst di Assogestioni.
Identikit dell’investitore italiano in fondi comuni
Nel 53% dei casi a investire in fondi comuni sono gli uomini, mentre il restante 47% sono donne. Il gender gap nella sottoscrizione di questi strumenti di investimento è pertanto molto contenuto ed è oltretutto sceso dal 16% al 6%: ricordiamo che nel 2002 gli uomini erano il 58% dei sottoscrittori e le donne il 42%. L’investimento medio degli uomini è pari a 55 mila euro contro i 50 mila euro delle donne.
Sotto il profilo anagrafico, gli investitori in fondi comuni hanno mediamente 61 anni e solo il 41% ha meno di 56 anni. Il 40% dei sottoscrittori appartiene alla generazione dei Baby Boomer; seguono i risparmiatori della Generazione X con il 28%. Le generazioni più anziane (ultra 75 enni) pesano per il 19%. I risparmiatori più giovani (Millennial e Generazione Z) si attestano al 13%.
A livello di ripartizione per area geografica, circa due terzi degli investitori risiedono nel Nord Italia: il 38% nel Nord-Ovest, il 26% nel Nord-Est. Nel Centro risiede il 19% dei sottoscrittori, al Sud il 12% e il 5% nelle Isole. Nel Nord si registrano importi medi investiti pari o superiori alla media. Confrontando la concentrazione dei sottoscrittori con quella della popolazione residente si evidenzia una maggiore incidenza dei primi nelle regioni del Nord. Nelle regioni del Sud e nelle Isole la situazione si capovolge evidenziando un minor tasso di partecipazione al mercato dei fondi.
Quanto si investe in fondi comuni in Italia?
Il valore medio generale dell’investimento in fondi è secondo l’ultima rilevazione pari a 53 mila euro. Tra le fasce più adulte della popolazione (oltre i 56 anni) la cifra è superiore a questa media e l’importo, inoltre, varia in base alla tipologia del prodotto: più basso per i sottoscrittori di fondi italiani (31 mila euro), più alto per gli investitori in fondi esteri o cross-border, dove si attesta sui 66 mila euro.
Tra i sottoscrittori più anziani (ultra 75 enni) si registrano gli investimenti medi più alti: 73 mila euro (Silent Generation) e 94 mila euro (Greatest Generation). L’investimento medio dei Baby Boomer è pari a 61 mila euro. L’importo medio investito decresce tra le generazioni più giovani: per la Generazione X è pari a 42 mila euro, per i Millennial si attesta a 20 mila euro e per i giovanissimi della Generazione Z è di 13 mila euro.
Come si investe in fondi comuni in Italia?
La maggior parte dei fondi italiani è acquistata attraverso il canale bancario: il 95%. Il peso dei fondi distribuiti dalle reti di consulenti finanziari aumenta tra i prodotti esteri: per i fondi cross border sale al 44%.
Per quanto concerne le tipologie di fondi più presenti nei portafogli dei sottoscrittori indicano che le masse investite in fondi flessibili rappresentano il 29% del totale.
Sotto il profilo della modalità di sottoscrizione, il versamento unico (Pic) rimane la forma prevalente, in quanto scelto dal 63% dei risparmiatori, mentre Pac (Piano di accumulo di capitale) e forma mista si fermano rispettivamente al 22% e al 15%. Tra Millennial e Generazione Z, il 65% predilige modalità di sottoscrizione alternative, quindi Pac o forme miste, mentre i Pic sono scelti dal restante 35%.
L’Osservatorio di Assogestioni analizza anche il grado di rischio degli investimenti, tipicamente strutturato su 7 livelli da 1 (rischio minimo) a 7 (rischio massimo): per due terzi è compreso tra 1 e 4. Il 73% dei fondi italiani ha un grado di rischio compreso tra 1 e 4. Per il 51% dei fondi cross border è invece superiore a 4.
L’asset allocation varia in base alla tipologia di prodotto: tra i fondi italiani prevale l’investimento in fondi flessibili (43%) e obbligazionari (27%), mentre tra i prodotti esteri cresce la componente azionaria, con il valore per i fondi cross border che si attesta al 47%.
Il commento di Intesa Sanpaolo ai dati di Assogestioni
Anna Bagella, responsabile sviluppo offerta di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, ha così commentato i dati di Assogestioni: “L’industria del risparmio gestito a fine 2021 ha toccato il suo nuovo record, sfiorando i 2,6 trilioni di euro anche grazie ai fondi comuni di investimento, che hanno assunto nel tempo un ruolo centrale (oltre 90 miliardi di euro di raccolta nel 2021, ndr). Molto diffusi su tutti i segmenti di clientela perché di facile accesso, perché offrono una guida ai mercati tramite la delega al gestore. Tuttavia, per chi come noi opera in logica di architettura aperta, per declinare la scelta e la costruzione del portafoglio tra migliaia di opzioni per asset manager, stili, mercati, i clienti ricercano il dialogo con la figura esperta del consulente finanziario. Volendo tracciare il profilo macro dei clienti della divisione, sono investitori della generazione boomer, attenti a salvaguardare il capitale ma allo stesso tempo a beneficiare delle finestre di opportunità sui mercati. Cresce la consapevolezza del cliente investitore e anche la sua ricerca di valore fatta di tanti contributori dalla qualità del prodotto all’efficienza operativa, fiscale fino alla comunicazione trasparente con contenuti utili. La sfida per il futuro è accompagnare la transizione nel dialogo con le nuove generazioni, più digitali e molto sensibili ai temi sociali e ambientali facendo leva sulla nostra capacità di accompagnare il cambiamento innovando il servizio versi i diversi segmenti di clientela”.