La rivoluzione blockchain e le applicazioni della prossima generazione di Internet hanno il potenziale per trasformare i modelli operativi in molti settori, soprattutto nella filiera di distribuzione dei fondi d’investimento.
In particolare, la blockchain renderebbe più efficienti, semplici, veloci, economici, sicuri ed accessibili i processi operativi dell’intera catena di distribuzione, riducendo significativamente il tempo necessario a processare le operazioni sui fondi , che siano le operazioni di sottoscrizione e rimborsi, oppure trasferimento di quote tra investitori o collocatori, e offrendo notevoli vantaggi a tutte le parti coinvolte nel settore dei fondi di investimento, soprattutto agli investitori finali.
La Borsa del Lussemburgo ha colto questa opportunità già dal 2016, avviando il progetto FundsDLT: una piattaforma decentralizzata che utilizza la blockchain privata Quorum di Consensys (“permissionded”) e gli smart contract per la negoziazione dei fondi e vanta il primato di aver realizzato la prima sottoscrizione di fondi su blockchain (nel 2017). Attualmente è detenuta da attori leader del settore finanziario (Clearstream, Credit Suisse Asset Management, Borsa del Lussemburgo e Natixis Investment Managers) per meglio rappresentare la tipologia di modello “infrastruttura di mercato”, cioè aperto e al servizio dell’industria dei fondi di investimento.
Blockchain non è sinonimo di disintermediazione ma di efficienza
L’ambito della finanza decentralizzata in cui si inserisce questa innovazione digitale non è in questo caso sinonimo di disintermediazione, anzi. Controintuitivamente, gli operatori esistenti mantengono un ruolo chiave e la trasformazione della catena di distribuzione riguarda solo l’infrastruuttura tecnologica sottostante, condivisa, basata appunto su DLT. DLT sta per Distributed Ledger Technology (tecnologia dei registri distribuiti) La caratteristica principale del DLT è la cooperazione tecnologica dei modelli di business. Questa si basa su tre fondamenti: la blockchain che memorizza tutti i dati sulla proprietà degli asset e la storia delle transazioni condotte; i contratti “intelligenti” che rappresentano la logica applicativa e possono eseguire compiti specifici in modo indipendente; e gli asset digitali che possono rappresentare qualsiasi cosa di valore e impegnarsi con i contratti intelligenti per diventare “programmabili”.
Il punto di forza di questo registro condiviso di tutte le transazioni non è solo l’eliminazione delle inefficienze tipiche di un sistema intermediato, prime su tutte i costi operativi e la ridondanza delle registrazioni duplicate, ma è proprio la trasparenza e la rapidità di esecuzione. Semplicemente, operando con un’infrastruttura comune a tutti, i soggetti finanziari stessi diventano garanti di fiducia e regolamentazione e non sono più costretti a riconciliare le informazioni degli uni con quelle degli altri in permanenza.
La tokenizzazione dei fondi d’investimento non come asset digitale ma come processo digitalizzato
In un modello DLT “permissionless”, l’emissione di token da un lato e la custodia dall’altro è puramente funzionale per l’efficientamento del processo. Questo approccio si differenzia da dal modello “permissionless” utilizzato per altri asset digitali, cioè operanti su blokchain pubbliche dove invece la tokenizzazione rappresenta un bene non digitale (security token) o servizi (utility token) che circolano liberamente.
In tale modello operativo, una società di gestione emette quindi fondi nel circuito blockchain e i collocatori accedono e mantengono i fondi in custodia nello stesso circuito. Tutte le operazioni e i processi relativi sono eseguiti da smart contract standardizzati in maniera automatica per tutti gli operatori.
Ma vediamo più nel dettaglio tutti i vantaggi di questa tokenizzazione dei fondi di investimento, ossia la rappresentazione digitale dei fondi su registri distribuiti.
I costi inferiori
Oggi la distribuzione dei fondi si scontra con molteplici sfide, prima su tutte la concorrenza degli strumenti passivi, o ETF: nei primi 5 mesi dell’anno i fondi attivi hanno perso 186,14 miliardi di euro mentre i fondi passivi hanno registrato afflussi pari a 46,23 miliardi di euro. Se da un lato fondi attivi ed ETF garantiscono entrambi diversificazione di portafoglio e segregazione delle masse in gestione rispetto al patrimonio dell’emittente (utile nell’eventualità di default di quest’ultimo), dall’altro gli ETF sono generalmente più facili da accedere e più economici. Questo principalmente perché per gli ETF non è prevista una rete di distribuzione strutturata.
La tecnologia blockchain può abbattere i costi operativi di distribuzione anche per i fondi attivi, digitalizzando tutti i processi ed eliminando burocrazia e riconciliazioni contabili duplicate, riducendo ulteriormente i costi. “Paradossalmente, grazie a un modello distributivo del fondo per via digitale e decentralizzato, un prodotto UCITS tradizionale potrà costare all’investitore finale quanto un ETF”, precisa Paolo Brignardello, responsabile commerciale di FundsDLT (nella foto).
Prodotti più personalizzati e cooperazione tra tutti gli attori della catena di distribuzione
Tracciare tutte le informazioni dei titolari delle quote tramite la DLT permette inoltre a emittenti e intermediari di conoscere meglio le esigenze di risparmio degli investitori e, conseguentemente, di cooperare commercialmente meglio e offrire loro prodotti più adatti alla loro clientela. Ma anche di scambiare dati in tempo reale con tutti gli attori della catena di distribuzione, aumentando la cooperazione tra case prodotto e distribuzione e fra intermediari stessi.
“Gli asset manager possono finalmente avere una visione completa e trasparente di chi sta effettivamente acquistando i loro prodotti, come li sta utilizzando e come può essere servito meglio dagli intermediari, mentre i transfer agent possono diventare un partner centrale per asset manager e distributori. Nel sistema di distribuzione attuale infatti, con i vari agenti isolati, il recupero, l’aggregazione e l’elaborazione dei dati possono essere costosi e complessi. La decentralizzazione condivisa non solo riduce questo problema, ma crea anche le condizioni per l’acquisizione di più dati e di migliore qualità in tempo reale“, ha specificato Brignardello.
Una base clienti più ampia
Riducendo i costi di accesso al prodotto per l’investitore, le sgr possono allargare la platea di potenziali clienti anche alle fasce reddituali più basse, senza più la necessità di doversi focalizzare solo sui segmenti di mercato medio alti per esigenze di economia di scala come avviene oggi (aggregando le masse al fine di condividere i costi), poiché la blockchain rende più efficace, veloce e sicuro il processo di acquisizione di nuovi clienti e ne riduce i costi.
La piattaforma FundsDLT
La piattaforma FundsDLT per esempio viaggia su Quorum di ConsenSys (una blockchain permissioned basata su Ethereum) e consente agli attori della distribuzione di fondi, società di gestione e collocatori dall’altra, una visione in tempo reale dell’azionariato, dello stato commerciale e dei flussi di cassa dei fondi.
“L’applicazione della tecnologia blockchain nel mondo della distribuzione di prodotti finanziari riduce alcune barriere all’ingresso, derivanti dalle inefficienze operative, che prima generavano profitti spropositati per alcuni intermediari. Un obiettivo auspicato soprattutto dalla direttiva MiFid sugli incentivi e trasparenza dei costi. Gli intermediari digitalmente meno evoluti faranno fatica mentre quelli che in questi anni si sono preparati, investendo in ricerca e sviluppo di risorse digitali, avranno la vita più semplice. Non scompariranno gli intermediari ma si creeranno delle differenziazioni più efficienti sia per canale distributivo che per tipologia di cliente finale. La condivisione di informazioni relative all’investitore finale (tolleranza al rischio, scelte di prodotto e preferenze Esg ad esempio) crea infatti valore per l’intera filiera, mentre la decentralizzazione e i processi condivisi consentono transazioni fluide e l’automazione operativa: tutti gli attori possono avere una visione end-to-end in tempo reale. La ragione ultima del passaggio alla DLT come infrastruttura principale non è però solo la riduzione dei costi e l’efficienza operativa, ma anche una migliore distribuzione per tutti, soprattutto per gli investitori finali”, conclude Brignardello.
L’app Beewise di Azimut
Per seguire l’odierno trend di democratizzazione degli investimenti, caratterizzato da risparmiatori sempre più giovani e digitalizzati, alcuni gestori patrimoniali stanno già innovando i propri canali distributivi con le più nuove tecnologie. Un esempio interessante nel mondo dell’asset management è Beewise: l’app per investitori Millennial e generazione Z lanciata da Azimut (tra i principali asset manager indipendenti in Europa) e alimentata da FundsDLT, che consente ai risparmiatori investimenti diretti e completamente digitali.
L’obiettivo dell’app è proprio rendere gli investimenti più semplici e accessibili a tutti soprattutto ai più giovani. Beewise offre accesso a una gamma di portafogli tematici con un investimento minimo a partire da 10 euro e consente inoltre agli investitori di impostare autonomamente, senza intermediazione, un piano di investimento mensile.
Il sistema sottostante fornito da FundsDLT copre l’apertura del conto dell’investitore, l’elaborazione degli ordini, il regolamento e la manutenzione del registro, la fiscalità e la tassazione locale relativa alla commercializzazione di fondi esteri del gruppo, permettendo ad Azimut di offrire un servizio conveniente e incentrato sugli obiettivi che i giovani clienti possono impostare. Gli account possono essere creati digitalmente in pochi minuti e tramite una procedura semplice. Ad agevolare ulteriormente l’onboarding del cliente si aggiunge l’automatizzazione delle pratiche di compliance, volte alla valutazione di adeguatezza e profilo di rischio del cliente (KYC, MiFID 2, PSD2).