ROMA (WSI) – Il Fondo Atlante 2 per mettere in sicurezza Mps può partire, ma stenta ancora a decollare. Ora che è stata raggiunta la dotazione minima di capitale per il veicolo atto allo smaltimento dei crediti deteriorati, entro la fine del prossimo mese scatterà il primo closing dell’operazione. Il termine ultimo per la sottoscrizione è stato fissato al 31 luglio del 2017. Per ora il livello di capitale del fondo è pari ad appena lo 0,5% delle sofferenze lorde totali del sistema (360 miliardi stimati).
Complice anche la mancata adesione di diverse casse previdenziali, che non vogliono correre rischi, il fondo è ancora a corto di capitali. A preoccupare è l’investimento in tranche junior e mezzanine emesse da veicoli costituiti appositamente per acquistare portafogli di sofferenze provenienti da diverse banche italiane. L’obiettivo di rendimento è in linea con quello delle emissioni obbligazionarie con rating a singola B.
Le adesioni per ora sono ferme a 1,715 miliardi di euro, il minimo prestabilito, ma dovrebbero arrivare a 2,5-3 miliardi, come peraltro annunciato nei giorni scorsi dallo stesso gestore del fondo. A quel punto scatterà l’acquisto della tranche mezzanina da 1,6 miliardi, quella delle sofferenze di media e bassa qualità.
Al fondo partecipano alcune casse previdenziali, ma dopo un impegno iniziale promesso di 500 milioni di euro molte di loro hanno iniziato a sfilarsi per paura di un fallimento dell’operazione.
Fondo Atlante 2: investimento pericoloso
L’Epap, l’ente previdenziale di attuari, geologi, forestali, chimici e agronomi, ha cambiato idea perché ha giudicato l’investimento nel fondo Atlante bis “non adeguato ai criteri di prudenzialità e non in linea con i parametri d’investimento applicati dall’Ente”. Anche la cassa degli avvocati e quella di dottori commercialisti e veterinari hanno rinunciato.
Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam, istituto previdenziale di medici e odontoiatri, ha osservato in un’intervista a Il Tempo concessa all’inizio del mese, che nel piano di investimento nel fondo Atlante 2 mancano due elementi imprescindibili: “la convenienza economica e la legittima aspettativa di un rendimento assicurato”.
I capitali del fondo non vengono solo dai 19 enti previdenziali, ma da tutti quegli istituti e fondazioni che sono probabilmente stati attirati da rendimenti giudicati molto buoni in un contesto di tassi zero: il 6% è un alto ritorno da investimento, se tutto andrà liscio. Ma se qualcosa dovesse andare storto, per gli investitori saranno guai: si perderà l’investimento, non solo la cedola prevista del 6%.
Non si rischia di perdere solo cedola 6%
È il motivo per cui molte delle 19 casse previdenziali si sono date alla macchia. Se chi ha aderito al fondo dovrà svalutare la propria partecipazione, seguirà due strade: procederà alla ricapitalizzione (servendosi di denaro destinato alle pensioni) oppure accetterà la perdita, con rischio di azzeramento dell’investimento. A quel punto gli investitori previdenziali non incasserebbero la cedola del 6%.
L’obiettivo del fondo Atlante nel suo complesso è di arrivare a 5-6 miliardi di capitali, una dotazione che verrà usata per un duplice fine: aiutare le banche in difficoltà nelle loro operazioni di aumento di capitale e contribuire alle operazioni di smaltimento dei crediti deteriorati in portafoglio, che nel settore italiano arrivano al 17% circa del totale dei prestiti iscritti a bilancio. È proprio sulla questione sofferenze che si concentra il Fondo Atlante 2.
Sinora al fondo gestito da Quaestio sono arrivate adesioni da parte di banche e fondazioni, mentre la Cassa Depositi e Prestiti avrà una partecipazione limitata. Norme di accompagnamento per evitare di violare le norme Ue sugli aiuti pubblici verranno inserite dal governo Renzi nel disegno di legge sulle banche.