ROMA (WSI) – Alle piccole banche italiane con bilanci in salute non va giù che gli istituti più sani d’Italia debbano soccorrere i concorrenti in difficoltà, in certi casi più grandi e attrezzati.
Nell’appuntamento per i 140 anni di Assopopolari, il suo presidente ha attaccato sia il nuovo regime dei bail-in (che non piace nemmeno al presidente di Bankitalia Ignazio Visco che ne vorrebbe una revisione), sia il Fondo Atlante partecipato dai privati e sopratutto dalle stesse banche, già oggetto di critiche da parte dell’associazione nei giorni scorsi.
“Bisogna scongiurare che il Fondo per gli aumenti di capitale e le sofferenze sia visto come un mezzo di salvataggio che, come già avvenuto, metta a carico delle banche corrette il soccorso a banche concorrenti e vigilate”, ha detto Corrado Sforza Fogliani, il presidente dell’associazione, precisando che solo così si eviterebbe di incorrere in una penalizzazione da parte del veicolo privato istituito dal ministero di Economia e Finanze.
Le difficoltà della cooperazione tra istituti vengono ritenute un problema non da poco anche da due economisti di spicco come Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica presso l’università Statale di Milano, e Giovanni Ferri, Pro-rettore dell’Università Lumsa di Roma. Sapelli ha riconosciuto che le banche più piccole attraversano un momento delicato. Questi istituti sono alle prese con “un vento negativo che indubbiamente le sta mettendo sotto attacco”.
Dnque che fare? “Bisogna lavorare sulla cultura, altro non si può fare. L’associazione deve spingere sulla corretta informazione circa il ruolo essenziale delle banche nei territori. Serve un movimento culturale che possa in qualche modo contrastare un’immagine degli istituti un po’ offuscata”.
Secondo Ferri “in Italia c’è un problema con la cooperazione, vista come un qualcosa da mettere in discussione. Credo che in Italia, ma anche in Europa però, vada dato un messaggio di speranza sulla bontà di questa parte del mondo bancario”.
In tutti i casi bisognerà tenere conto di un fatto: “in Italia i cambiamenti in meglio si percepiscono molto più lentamente degli altri Paesi. Per questo la cooperazione dovrà lavorare sodo”.