Il patrimonio forestale europeo è ingente. E sempre più a rischio. La causa è il disboscamento massiccio, che interessa soprattutto l’Europa dell’Est, dove interi tronchi di alberi sono bruciati in massa nelle centrali elettriche o trasformati in pellet. Non solo: tutto questo è favorito dalle sovvenzioni Ue. Sovvenzioni che i membri del Parlamento Europeo hanno tempo fino al 13 settembre per rimuovere dalle direttive sulle energie rinnovabili.
Dell’argomento si è occupato il New York Times, che ha dedicato una lunga inchiesta a un problema noto da tempo: l’Unione europea sta facendo fa affidamento sul legno per i suoi obiettivi di energia pulita. Ma in realtà sta ottenendo risultati opposti.
L’idea secondo cui bruciare legna sarebbe neutrale dal punto di vista climatico viene giustificata, affermando che l’anidride carbonica prodotta dal legno bruciato sarà assorbita dalle future foreste che cresceranno. In realtà l’agenzia di ricerca scientifica dell’Ue ha messo in dubbio questo concetto, spiegando che solo l’anno scorso la combustione del legno ha rilasciato più anidride carbonica di quella che sarebbe stata emessa se l’energia fosse arrivata da combustibili fossili. “Si acquistano pellet considerando che sono l’alternativa sostenibile, ma in realtà stanno guidando la distruzione delle ultime foreste selvagge d’Europa”, ha affermato David Gehl dell’Environmental Investigation Company.
Solo pochi mesi fa, un report della Forest Defenders Alliance (Fda) aveva denunciato come in Europa negli impianti di biomasse fossero utilizzati non solo scarti di lavorazione, ma interi tronchi di alberi, anche di grandi dimensioni. Tutto questo mentre un quarto delle aziende coinvolte affermava di utilizzare scarti di legno.
Il sostegno pubblico alla forestale “che costa ai cittadini europei 17 miliardi di euro l’anno, ha reso conveniente tagliare alberi, compresi quelli che prima erano considerati di scarso valore”, portando “le emissioni dell’Ue per bioenergia a 415 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno, pari all’inquinamento prodotto nello stesso periodo da Paesi come Italia o Polonia”, conclude lo studio.