Parigi – Un altro macigno che pesa sulla testa di Parigi, gia’ alle prese con il pericolo di perdere la tripla A, e’ ora la crisi del sistema bancario. Le banche francesi hanno nei propri bilanci 40 miliardi di titoli di stato italiani e oltre 9 miliardi di bond spagnoli.
Ieri i CDS hanno toccato la cifra record di sempre sui rumor di un downgrade della Francia. A intensificare il nervosismo ci hanno pensato anche le voci di un default di SocGen. Il bagno di sangue del sistema finanziario e’ iniziato prima in Italia, con tre sospensioni di fila dei titoli di Intesa, che hanno dato il mal di testa agli operatori di Piazza Affari.
Poi la paura si e’ spostata in Francia, dove Societe Generale ha perso il 20% circa sui rumor secondo cui la banca sarebbe sull’orlo della bancarotta. Se il gruppo dovesse risultare insolvente aumenteranne la paura di un’altra crisi come quella subprime del 2007-2008. Anche BNP Paribas e Credit Agricole sono state tartassate dalle vendite. Cio’ ha spinto il presidente Nicolas Sarkozy a convocare una riunione straordinaria del governo.
Oggi i titoli delle banche francesi hanno annullato completamente il rimbalzo iniziale e virano in territorio negativo a fine mattina. SocGen cede intorno alle 12, il 4,08% dopo aver rimbalzato in mattinata fino all’8,9%. BNP Paribas cede il 5,78% dopo che in mattinata si era portata fino a +3,9%, mentre Credit Agricole limite perdite allo 0,86% dopo il +8,6% di inizio seduta.
“I credit default swap francesi sono sotto attacco”, dice Yves Marcais, sales trader di Global Equities a Parigi. “Cio’ significa che la Francia e’ sotto attacco e questo deve preoccupare. Le banche detengono un bel po’ di bond francesi”. Traodtto: un altro ciclo vizioso e tossico alimentato dal boom dei cds. Per dirla alla francese, un deja vu.
Deve’essere per questo che Sarkozy non ha aspettato un solo giorno e ha fatto sapere che il prossimo 24 agosto verranno decise nuove misure per tagliare il deficit pubblico. L’annuncio arriva al termine di una riunione straordinaria convocata all’Eliseo ieri per fronteggiare la situazione economica.
Sarkozy ha interrotto le sue vacanze in Costa Azzurra e ha convocato un vertice d’urgenza all’Eliseo sulla crisi economica e finanziaria dell’area euro, a cui hanno partecipato il Governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, il premier Francois Fillon, il ministro dell’Economia, Francois Baroin, quello degli Esteri, Alain Juppe, il ministro del Bilancio, Valerie Precresse e quello degli Affari europei, Jean Leonetti.
“Il Capo dello Stato – si legge in un comunicato rilasciato al termine del vertice straordinario – ha ribadito che l’impegno a ridurre il deficit pubblico e’ inviolabile e sara’ rispettato indipendentemente da come evolvera’ la situazione economica”. Sarkozy ha poi incaricato Baroin di predisporre un pacchetto di misure anti-deficit che saranno concordate a un nuovo vertice convocato per il 24 agosto, in modo da essere inserite nella legge di bilancio per il 2012 da presentare in Parlamento. Sarkozy ha poi invitato tutte le forse politiche francesi ad appoggiare la sua proposta di una nuova legge costituzionale che stabilisca dei tetti ai futuri deficit pubblici.
Nelle ultime due settimane le piazze finanziarie del mondo hanno bruciato circa 7.175 miliardi di dollari (di cui 174 nella sola giornata di ieri), mettendo in pericolo la stabilita’ dell’economia reale globale e con esso anche il piano di budget fiscale studiato dal governo francese, il cui maggiore timore ora e’ quello di evitare di fare la fine di Washington.
Dei 18 paesi dell’elite che vanta un rating sul credito di tripla A, la Francia ha il peggior rapporto tra debito pubblico e Pil (all’81,7% nel 2010) e i cali del 19% subiti dall’indice Cac di Parigi non danno certamente una mano. Come non la dara’ la crescita economica ridicola vista per la fine dell’anno. Nel terzo trimestre e’ previsto un aumento dello 0,2% del Pil, mentre la disoccupazione e’ altissima, pari al 9,8% delle forze lavoro. Se la crescita frena, urgono nuovi tagli poco popolari. Cosi’ come e’ stata strutturata, la manovra non funzionerebbe.
Il presidente Nicolas Sarkozy, conscio del fatto che il proprio paese potrebbe essere il prossimo bersaglio delle agenzie di rating, e’ sotto pressione, con l’opposizione che lo accusa di aver fatto aumentare il deficit e le parti sociali che – con proposte opposte tra loro – gli chiedono un intervento. “Non finiro’ come Obama”, ha dichiarato il leader del partito conservatore UMP. Il rapporto tra deficit e Pil e’ sceso al 7% nel 2010 dopo essere salito al massimo del 7,5% nel 2009. Il prossimo anno si terranno le elezioni presidenziali.
Se il governo transalpino vuole rispettare la tabella di marcia annunciata alla Commissione europea per ridurre il debito pubblico (dal 5,7% di quest’anno fino al 3% nel 2013), dovra’ affrontare aggiustamenti drastici sulla manovra finanziaria 2012. La promessa di tagliare 3 miliardi attraverso l’addio ad aclune esenzioni fiscali sembra ormai poca cosa rispetto all’esigenza del momento, dettata dai mercati.
Gli economisti parlano della necessita’ di novi risparmi sui dipendenti pubblici, le pensioni e la sanita’. Circola da qualche giorno la proposta di aumentare di uno o due punti le tasse sui redditi superiori a 1 milione, mentre gli esperti sostengono che bisognera’ rimodulare l’Iva, tutte ipotesi ancora osteggiate dal governo, preoccupato per l’impatto negativo che tali misure impopolari potrebbero avere sulle elezioni alle porte.
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Un problema comune tra Piigs e Francia e’ che non possono svalutare la loro moneta. S&P ha detto che vede l’outlook sul credito ancora stabile, tuttavia continua a guardare le delibere nella sfera politica con estrema attenzione in vista e dopo l’elezioni presidenziali per vedere cosa cambiera’. Al momento i rendimenti sul decennale francese si attestano al 3,19%.
Le sfide, in sintesi, stanno aumentando e le elezioni potrebbero rappresentare un ostacolo perche’ i tagli saranno sicuramente impopolari. E difficilmente si vedranno riforme come quella giudicata “molto solida” da S&P dell’anno scorso sulle pensioni.
Ci sono poi altri tre paesi che rischiano il downgrade:
Gran Bretagna
Il rapporto tra deficit e PIL e debito/PIL della Gran Bretagna è superiore a quello della Francia, ma le preoccupazioni maggiori degli analisti per il paese sono legate alla debole crescita economica. Lo scorso giugno Moody, un’altra agenzia di rating che come come S&P attribuisce al paese tre A, ha ventilato la possibilità di rivedere la valutazione della Gran Bretagna nel caso di crescita debole e di una ridotta consolidazione di deficit e debito.
Il governo di David Cameron ha approvato nei mesi scorsi un piano molto severo di austerità che comprende l’aumento delle imposte e notevoli tagli alla spesa pubblica. I mercati hanno reagito positivamente al piano, dimostrando di avere fiducia nella capacità del paese di ripagare i propri debiti. Le nuove misure potrebbero però tagliare la crescita, rendendo difficile il raggiungimento dell’1,7 per cento entro fine anno previsto dal governo. La bassa crescita potrebbe tradursi in minori introiti per lo stato derivanti dalle imposte e da maggiori costi per lo stato sociale se dovesse aumentare la disoccupazione, tutti elementi che incidono pesantemente sul debito. L’opposizione ha chiesto di tagliare alcune imposte, ma il governo è deciso a proseguire nel proprio piano di austerità, cosa che per ora ha comunque tranquillizzato i mercati.
Austria
Molti analisti ritengono che la valutazione a tripla A del paese sia di fatto condizionata dagli stretti rapporti economici e commerciali con la Germania. Il mercato del lavoro nel paese mantiene molte rigidità che devono essere corrette per ridurre i livelli di disoccupazione e offrire nuove opportunità per la crescita. Il paese non rischia comunque di perdere in tempi brevi l’attuale valutazione, salvo le agenzie di rating non cambino alcuni parametri che, tra le altre cose, consentano di scollegare l’analisi dell’economia austriaca da quella tedesca con maggiore efficacia.
Finlandia
Ha un territorio molto ampio, ma appena 5,4 milioni di abitanti con un prodotto interno lordo che si aggira intorno ai 130 miliardi di Euro. La disoccupazione è aumentata sensibilmente negli ultimi mesi e il paese ha una forte dipendenza dagli scambi commerciali. Gli analisti sono preoccupati dall’andamento di Nokia, la principale azienda del paese, che negli ultimi anni non ha saputo cavalcare efficacemente l’affermazione sul mercato degli smartphone lasciando ampi spazi alla concorrenza di Apple e dei telefonini basati su Android, il sistema operativo di Google. Il paese non ha molte materie prime ed è quindi obbligato a importarle dall’estero con spese che in periodi di crisi sono difficili da sostenere. Il rapporto tra debito e PIL nel 2010 era pari al 45,4 per cento, ma gli analisti stimano che a causa della crisi potrebbe aumentare considerevolmente già a partire da quest’anno. Ci sono molte variabili in gioco a sfavore del mantenimento a lungo delle tre A per il paese.