Frode fiscale & auto riciclaggio: i rischi del professionista!
La sentenza della Cassazione n.17418 del 28 aprile 2016, avente ad oggetto la bocciatura del ricorso di un professionista che si è visto coinvolto in una frode fiscale, accertata in capo ad un operatore economico di cui il medesimo curava la contabilità.
Trattavasi di una “cartiera”, nata e costituita appositamente per consentire a terzi di utilizzare “fatture per operazioni inesistenti”, con il chiaro intento di annotare in contabilità costi fittizi con l’obiettivo ultimo di abbattere il carico tributario.
La stessa pronuncia, non ha mancato di sottolineare che la stessa Corte ha seguito un orientamento abbastanza consolidato in ordine alla configurabilità concorsuale del professionista incaricato della tenuta della contabilità, ribadendo la fattispecie del concorso nel reato di frode fiscale di coloro che – pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società cui si riferisce la emissione di fatture per operazioni inesistenti – abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito alle utilizzatrici delle f.o.i. emesse dalla società cartiera nel tempo, di potersi procurare fatture passive da inserire in dichiarazione per abbattere l’imponibile societario, non rilevando peraltro la prova dell’effettivo inserimento in dichiarazione delle medesime stante la natura di reato di pericolo del delitto di cui all’art. 8, d. Igs. n. 74 del 2000 che punisce, notoriamente, la sola emissione o rilascio delle fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, a differenza della speculare previsione dell’art. 2, d. Igs. n. 74 del 2000, che non richiede solo l’avvalersi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ma anche, e soprattutto, l’indicazione in una delle dichiarazioni relative a dette imposte di elementi passivi fittizi (v., sulla responsabilità del professionista in consimili ipotesi: Sez. 3, sentenza n. 19335 del 2015, ric. Magistroni, non massimata).
Frode fiscale & autoriciclaggio
Accertata la “frode fiscale” in capo all’operatore economico che ha ripetutamente utilizzato false fatture, utilizzando costi mai sostenuti (fittizi per l’appunto) e documentati al solo fine di ottenere indebiti vantaggi fiscali, il successivo utilizzo da parte dello stesso imprenditore di tali risorse finanziarie illecitamente accumulate in finalità strumentali all’impresa, comporterà l’accusa di “auto riciclaggio”.
Pertanto, diciamo oggi, se l’assunto della suprema Corte ha contestato al professionista l’accusa del “concorso nella frode fiscale”, analoghi rischi possono concretizzarsi per il reato di concorso nella ulteriore ipotesi di “auto riciclaggio” ad opera dello stesso che utilizza tali risorse nell’attività imprenditoriale.
Esimente possibile
Come dico sempre in occasione della “formazione antiriciclaggio” – per professionisti o intermediari finanziari – porre la massima attenzione nella corretta esecuzione degli adempimenti imposti dalla normativa, non scongiura affatto una potenziale “contestazione” da parte degli Organi di vigilanza, ma consente di potersi difendere in modo adeguato al momento opportuno.