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Frode fiscale: in Usa se confessi eviti le sbarre

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ROMA (WSI) – L’ultima pietra dello scandalo l’ha gettata Apple. L’azienda simbolo della modernità ha disseminato filiali in tutto il mondo per eludere il fisco americano. Ma dietro la difesa estenuante di Tim Cook, il successore di Steve Jobs, c’è in discussione tutta la corporate America. Hewlett Packard, Starbucks, Google, ma la lista è lunga, sono tutte salite agli onori delle cronache per le vicende col fisco.

Il motivo è sempre lo stesso. Lo spostamento dei profitti da parte delle imprese multinazionali sta costando a Stati Uniti ed Europa almeno 100 miliardi di dollari l’anno di entrate fiscali perse, ha denunciato Kimberly Clausing, Professore di economia presso l’Università Reed a Portland, in Oregon.

Nel frattempo in Francia lo stato perde ogni anno 60-80 miliardi di euro per colpa dei reati di frode ed evasione fiscale. Proprio per questo motivo sta valutando l’ipotesi di seguire i passi compiuti dagli americani in materia di lotta all’evasione.

Negli Stati Uniti la posizione di chi si auto denuncia raccontando tutto alle autorita’ viene immediatamente regolarizzata e il colpevole non viene perseguito dalla legge a livello penale, bensi’ solo civile. Previsto il pagamento di tutte le tasse dovute, degli interessi e di una multa. In Svizzera, intanto si va verso, l’amnistia fiscale.

“Nel corso dei decenni, il Congresso e i governi di tutto il mondo hanno permesso di sviluppare un sistema che permette alle aziende multinazionali di guadagnare redditi esenti dal pagamento delle tasse grazie allo spostamento di redditi, sulla carta, ad aziende in Paesi a tasse zero”, ha riconosciuto anche Michael Durst, un avvocato fiscale internazionale in pensione basato a Washington.

E il risultato è evidente – prosegue- in questo modo si “sta erodendo la fiducia del pubblico nella correttezza dei sistemi fiscali degli Stati Uniti e di tutto il mondo”. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha messo in agenda una conferenza a luglio per mettere a un punto un “piano d’azione”.

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Mentre la Commissione europea sta valutando di ridefinire le regole fondamentali che consentono alle aziende di spostare i loro profitti; negli Stati Uniti, Dipartimento del Tesoro ad aprile ha pubblicato un elenco di scappatoie fiscali globali per cercare di tamponare questa emergenza.

Volendo fare nomi e cognomi, Microsoft ha eluso le tasse in America, trasferendo i suoi profitti alle filiali di Portorico e Singapore, Google ha spostato tramite ‘Double Irish’ e ‘Double Sandwich’, 8 miliardi esentasse alle Bermuda. Ma nella lista degli evasori eccellenti sono cascati anche Starbucks, Cisco Systems, Forest Laboratories, Yahoo!.

E quel buco nero che le società aprono sta assumendo dimensioni sempre più gigantesche. Qualcuno dice che la strada per l’unificazione del regime fiscale su entrambe le sponde dell’Atlantico appare ai regolatori molto più accidentata della crisi del debito sovrano. Poche parole, ma la dicono lunga sulla difficoltà di riuscire a uscire vincenti da questa sfida.