ROMA (WSI) – “Monti is not the right man to lead Italy”. E’ questo il titolo dell’editoriale pubblicato sul Financial Times e firmato dalla penna di Wolfgang Munchau. Ovvero: “Monti non è l’uomo giusto per guidare l’Italia”. Una presa di posizione che contrasta con gli articoli con cui il quotidiano britannico – tra molti – aveva dato fiducia al premier dimissionario, nel momento dell’insediamento del governo tecnico.
Ma, pur non indicando quale potrebbe essere invece l’uomo giusto per l’Italia, Munchuau scrive: “in Italia la crisi finanziaria si è smorzata ma la crisi economica è in crescita. A mala pena c’è un giorno senza una notizia che parli del peggioramento del credit crunch, del calo dell’occupazione, dei consumi, della produzione e della fiducia delle aziende”.
“Di nuovo, un governo europeo ha mal interpretato l’impatto prevedibile (sull’economia) delle misure di austerity” e il risultato è che “l’Italia fa fronte a una recessione lunga e profonda“.
Il Financial Times sottolinea che, come primo ministro, “Monti ha promesso riforme ed è finito con l’aumentare le tasse“. Il fatto è che “il suo governo ha tentato di introdurre modestre riforme strutturali, che sono state annacquate diventando insignificanti da un punto di vista macroeconomico”. La “storia che va narrando è che lui è stato capace di salvare l’Italia dal precipizio, o piuttosto dal suo predecessore Silvio Berlusconi“.
Il quotidiano britannico sferza poi l’attacco forse più british ma anche più difficile da digerire: “la storia che racconta include anche il calo dei tassi sui bond (dunque dello spread), ma la maggior parte degli italiani sa che questo risultato deve essere attribuito a un altro Mario, ovvero Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea“.
L’FT parla chiaro: l’Italia fa fronte a tre opzioni. “La prima è rimanere nell’euro e accollarsi da sola il peso di un pieno aggiustamento. Per aggiustamento – scrive Munchau -intendo un aggiustamento sia economico, in termini di costo del lavoro e inflazione, che fiscale. La seconda è rimanere nell’Eurozona, perseguendo un aggiustamento condiviso tra nazioni debitrici e creditrici. La terza è lasciare l’euro”. Il punto è che i vari governi italiani hanno provato una quarta opzione: rimanere nell’euro, focalizzandosi solo su un aggiustamento fiscale di breve termine, e aspettare”.
Tuttavia, “la storia economica insegna che la quarta opzione alla fine porta le nazioni di nuovo ad affrontare la prima, la seconda, o la terza opzione. E la mia preferita sarebbe la seconda: rendere la partecipazione all’Eurozona condizionata ad aggiustamenti simmetrici”. Ma il punto è che, nonostante le speranze iniziali, Mario Monti non è riuscito secondo il Financial Times a tener testa alla cancelliera tedesca Angela Merkel né sugli eurobond, né sulla necessità di politiche economiche maggiormente espansionistiche”.
Nessun altro candidato alle elezioni politiche sembra convincere però il quotidiano. “Pierluigi Bersani è anche più esitante sulle riforme strutturali, anche se esiste la possibilità marginale che abbia più successo (di Monti) nel far sentire la sua voce contro Merkel, visto che si trova nella migliore posizione di allearsi con Francois Hollande, presidente socialista francese”.
“A destra, l’alleanza tra Berlusconi e la Lega Nord è dietro nei sondaggi ma sta facendo passi in avanti. Fino a questo momento, la campagna elettore dell’ex premier è stata buona. (Il Cavaliere) ha inviato un messaggio anti-austerity che ha toccato le corde di un elettorato disilluso e ha continuato a criticare la Germania per la sua riluttanza ad accettare la soluzione degli eurobond, e a permettere alla Bce di acquistare i bond italiani in modo incondizionato”.
Ma “conosciamo Berlusconi fin troppo bene. E’ stato premier per un periodo di tempo abbastanza lungo e avrebbe potuto dar forma a questo dibattito molto tempo prima. Tutto quanto abbiamo, è un insieme di commenti ad effetto rilasciati in televisione”.
In questa situazione, a giudicare dagli ultimi sondaggi, il risultato delle elezioni più probabile è una situazione di stallo, forse nella forma di una coalizione di centro sinistra tra Bersani e Monti, possibilmente con una maggioranza di centro destra al Senato. Tale esito lascerebbe tutti, più o meno, in potere. Nessuno avrebbe allo stesso tempo il potere di portare avanti un disegno politico e tutti avrebbero il diritto di apporre un veto”.
Se cioò accadesse, l’Italia continuerebbe a cavarsela, facendo finta di aver scelto l’opzione di rimanere nell’euro, ma senza creare le condizioni per rendere la sua partecipazione sostenibile. Allo stesso tempo, potrebbe emergere un consensus politico anti-europeo che potrebbe o prevalere nelle elezioni successive o scatenare una crisi politica che avrebbe poi lo stesso effetto”.