Dopo anni di incredibili aumenti nel 2023 gli stipendi degli amministratori delegati delle principali società di Piazza Affari si sono stabilizzati e in alcuni casi sono diminuiti nonostante il 67% degli amministratori delegati delle blue chip italiane abbia raggiunto risultati superiori agli obiettivi di breve termine fissati. Così emerge dalla dodicesima edizione dello “Studio sui compensi”, redatto da Mercer e finalizzato ad analizzare le retribuzioni fisse e variabili degli amministratori delegati e degli organi di amministrazione e controllo delle principali società italiane.
Secondo quanto emerge dall’ultimo Rapporto Assonime sulla Corporate Governance la remunerazione media complessiva di un amministratore delegato è stata nel 2023 di circa 4,2 milioni di euro nelle grandi aziende quotate (ovvero quelle inserite nel Ftse Mib), 1,9 milioni di euro nelle società di medie dimensioni (Mid Cap) e 0,7 milioni di euro nelle piccole imprese (Small Cap). Lo studio di Assonime evidenzia poi che la remunerazione degli amministratori delegati varia anche a seconda del settore e dell’assetto proprietario dell’azienda. La loro remunerazione è leggermente più alta (9%) nelle grandi banche e assicurazioni rispetto alle altre grandi imprese
Ftse Mib: stabili i compensi degli a.d. nel 2023
Ebbene dallo studio emerge che i compensi fissi degli amministratori delegati di Piazza Affari sono rimasti generalmente stabili rispetto al 2022, mostrando una lieve diminuzione del 5%. Questo trend, si legge nella nota, si è manifestato in modo coerente anche nei sistemi di incentivazione di breve periodo, ambito che ha mostrato nel 2023 una leggera flessione dei valori (9%) rispetto all’anno precedente.
Il 2023 ha visto un consolidamento delle performance aziendali per la maggior parte delle società del listino Ftse Mib di Borsa Italiana, registrando un incremento del 7% dell’utile lordo rispetto all’anno precedente. Tale aumento è stato trainato, principalmente, dal settore dei servizi finanziari, che ha beneficiato dell’innalzamento dei tassi di interesse, risultante dalle misure di politica monetaria restrittiva.
Guardando, invece, all’analisi dei risultati di breve periodo, nel 2023 il 67% degli amministratori delegati ha raggiunto risultati superiori ai target presenti nelle loro scheda obiettivo, mentre è cresciuto il numero delle società che hanno conseguito risultati inferiori al target, passate dal 18% del 2022 al 25% del 2023.
Presidenti e amministratori non esecutivi: il trend dei compensi
Contestualmente, i presidenti dei cda e gli amministratori non esecutivi hanno mantenuto i rispettivi compensi in linea con il 2022, così come i compensi dei membri dei comitati endoconsiliari che sono rimasti costanti anche a fronte di un generale aumento delle attività. Lo studio ha, infine, constatato un decremento della remunerazione riconosciuta ai membri del comitato Nomine.
Inoltre, ponendo l’accento sul tema D&I, ossia diversità e inclusione, dallo studio di Mercer emerge un’ampia diffusione dell’implementazione di queste metriche presenti nel 72% dei casi. Nel dettaglio, circa un terzo del campione (32%) le adotta in entrambi i piani di incentivazione dei CEO, con il 36% che le utilizza esclusivamente nei piani di lungo periodo e un altro 32% solo in quelli di breve periodo.
Guardando, più in particolare, all’impiego di indicatori di gender balance, finalizzati a favorire una maggiore presenza femminile in azienda, dallo studio emerge che tali parametri sono presenti nel 65% dei piani STI (Short Term Incentive) e nel 57% dei piani LTI (Long Term Incentive) dei CEO: un utilizzo diffuso a cui non corrisponde, però, una consistente presenza di donne nei ruoli di leadership. Nello specifico, nel 2023 le donne hanno raggiunto una quota del 33% se si considera la posizione di quadro (in aumento rispetto al 31% del 2022) e la soglia del 20% se si guarda alla classe dirigenziale totale delle società del FTSE MIB.