NEW YORK (WSI) – Zeng Chengjie, rampante palazzinaro di provincia, è stato fucilato venerdì 12 luglio, all’improvviso e in segreto. Era stato condannato a morte per truffa e raccolta illegale di fondi a Changsha, centrosud della Cina, nel 2011. Neanche il tempo di dire addio alla famiglia. La figlia ha saputo dell’esecuzione da un avviso appiccicato sulla bacheca del tribunale, il giorno dopo.
Un altro motivo di sconcerto e dolore per la famiglia: le autorità avevano deciso di giustiziare l’uomo con un’iniezione, poi, forse per fare prima, hanno usato il vecchio sistema del colpo alla nuca. Il corpo è stato cremato subito, senza mostrarlo ai parenti. Che ora accusano i giudici. La figlia ha lanciato una campagna sul web, chiedendo che i magistrati siano puniti per la loro mancanza di sensibilità di fronte alla morte.
Quel messaggio è stato rilanciato in rete decine di migliaia di volte.
Zeng, secondo la sentenza, aveva escogitato un sistema di finanziamento che seguiva il famigerato «schema Ponzi»: raccoglieva fondi promettendo interessi molto elevati e andava avanti pagando i primi investitori con i soldi di quelli che venivano dopo. L’inventore, all’inizio del secolo scorso, fu l’italo-americano Charles Ponzi, che truffò 40 mila persone.
Il genio moderno è stato Bernard Madoff, che è riuscito a coinvolgere anche famose banche (e ora sconta 150 anni di carcere). Nel suo piccolo, anche il Madoff cinese aveva fatto soffrire tanta gente, 57 mila investitori, rubando i loro risparmi.
Il caso giudiziario è complesso. Ci sono dubbi sull’entità delle somme: 400 milioni di euro secondo l’accusa; meno di 100 secondo la difesa. Oltretutto il finanziere-creativo, fino al 2006 era stato appoggiato dalle autorità della provincia, contente che si autofinanziasse per costruire palazzi. Poi qualche «amico importante» deve averlo lasciato cadere. Ma il fatto che la famiglia abbia cercato fino all’ultimo di dimostrare l’innocenza di Zeng non è il cuore di questa storia. E comunque l’immobiliarista era un tipo spregiudicato e rapace, tanto che in tribunale aveva cercato di cavarsela promettendo di rimborsare quelli che avevano creduto in lui.
Il punto è che, nonostante la rabbia crescente dell’opinione pubblica cinese verso i potenti corrotti, moltissimi ora dicono che giustiziarlo così è stato un abuso. Quel truffatore di 55 anni aveva il diritto umano di abbracciare un’ultima volta moglie e figli.
Il tribunale ha risposto con una nota sul suo sito web: «Non c’è una chiara disposizione di legge che garantisca al condannato questo incontro». Un’altra ondata di proteste, perché in realtà la Suprema Corte cinese questo diritto lo riconosce. Il tribunale allora ha itirato il primo messaggio cambiando versione: «È stato il condannato a non chiedere di vedere la famiglia». Nessuno ha creduto a questa ipotesi.
In Cina la pena di morte per reati violenti, dall’omicidio allo stupro, è accettata dalla maggioranza della gente. Ma per i crimini economici ci sono molti più dubbi. La fine di Zeng può essere l’inizio di un dibattito nazionale sui delitti e sulle pene.
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