ROMA (WSI) – Ha senso iniziare a parlare di fuga dai Bund? La risposta è affermativa, se si guarda alle continue carrellate di sell off che hanno caratterizzato le ultime sessioni dei titoli di stato tedeschi. La nuova ondata di vendite sui bond a 10 anni ha portato i tassi decennali a salire a 42,5 punti base, quasi dieci volte tanto il minimo che era stato testato lo scorso 17 aprile, neanche un mese fa, attorno ai 4,9 punti base.
Indicativo il grafico allegato, che mette a confronto la performance dei Bund tedeschi con quella dei titoli di stato giapponesi, i cui rendimenti scivolarono a un valore estremamente basso, proprio prima del collasso del mercato dei bond.
In quell’occasione, il fattore scatenante fu la decisione di Alan Greenspan, il 25 giugno del 2003, di tagliare i tassi sui fed funds di appena -0,25%, e non -0,50% come atteso dai mercati. I mercati dei bond iniziarono a scendere in tutto il mondo, e le società e stati emittenti furono costretti a promettere rendimenti maggiori.
Già in data 2 luglio, i tassi dei Treasuries decennali erano balzati al 3,64%, rispetto al minimo in 45 anni che era stato testato neanche un mese prima, il 16 giugno. Le ripercussioni furono globali, con i bond governativi giapponesi (JGB) che il 30 giugno soffrirono il tonfo più forte in due anni. Il 4 luglio, il crash dei bond continuava, portando i tassi decennali giapponesi a salire all’1,40%.
Quello che viene considerato come il più grande massacro mai vissuto sui mercati dei bond dal collasso di Long-Term Capital Management, nell’autunno del 1998, venne innescato quando, in occasione della sua audizione al Congresso in data 15 luglio, Greenspan presentò un outlook fin troppo roseo per l’economia americana.
Ora, il contesto in cui il sell off sui Bund si sta intensificando, merita particolare attenzione in quanto è iniziato poco dopo il lancio effettivo del QE, con cui la Bce acquista bond europei (il valore dei bond dovrebbe salire, dunque, non scendere come sta avvenendo).
E inizialmente il mercato dei titoli di stato ha reagito come da attese, tanto che i rendimenti dei bond italiani a 30 anni sono scesi fino al minimo record dell’1,78% a marzo, per poi però tornare a crescere.
“Draghi potrà continuare a dire che la Bce attuerà in pieno questa politica (monetaria), facendo pensare che (il QE) andrà avanti fino al settembre dell’anno prossimo, e ovviamente è quello che deve dire – ha commentato Marc Ostwald, strategist presso ADM Investor Services International, a Londra, intervistato da Bloomberg – Continuerà a dire che i discorsi su un eventuale tapering non hanno senso”, ma se i prezzi del petrolio e l’inflazione accelerano il passo “tutti gli porranno domande e la Bce alla fine dovrà ammettere che esiste la possibilità di un tapering”.
D’altronde la scorsa settimana dalla Spagna è arrivato il dato sul Pil, che ha riportato la crescita più forte in sette anni nel primo trimestre del 2015.
E non dimentichiamo quello che hanno consigliato di fare i due guru del mercato dei bond, Bill Gross e Jeff Gundlach. (Lna)
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