In Italia da anni è in corso una fuga dei cervelli, in particolare da parte di giovani e laureati. Nel decennio 2012-2021 sono espatriati circa 337 mila i giovani di 25-34 anni; di essi oltre 120 mila al momento della partenza erano in possesso della laurea, certificano i dati Istat. Quali sono gli incentivi per farli tornare in Italia? Facciamo il punto.
Gli incentivi per il rientro dei cervelli
Esistono due regimi fiscali, tra loro incompatibili, che agevolano il rientro in Italia:
- rientro dei cervelli;
- lavoratori impatriati.
Le agevolazioni per il rientro dei cervelli
La normativa sul rientro dei cervelli riguarda persone altamente qualificate e specializzate (docenti e ricercatori) ed è finalizzata a favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del paese. I requisiti necessari per usufruire di questa agevolazione sono:
- essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
- essere stati residenti all’estero in maniera non occasionale;
- tornare in Italia per svolgere attività di docenza o ricerca;
- aver svolto all’estero attività di ricerca o docenza documentata per almeno 2 anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università;
- trasferire la residenza fiscale in Italia.
In presenza di queste caratteristiche, il 90% del reddito da lavoro dipendenti o autonomo non è fiscalmente imponibile ai fini Irpef, a partire dall’anno in cui si risiede in Italia e per i 5 anni successivi. L’agevolazione può essere estesa a:
- 8 annualità: in presenza di almeno 1 figlio minorenne o a carico anche in affido preadottivo oppure se il beneficiario dell’agevolazione proprietario di almeno 1 unità immobiliare residenziale in Italia, acquisita successivamente al trasferimento o nei 12 mesi precedenti;
- 11 annualità: in presenza di almeno 2 figli minori a carico;
- 13 annualità: se i figli minori a carico sono almeno 3.
Ai docenti o ricercatori iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), che hanno trasferito in Italia la residenza prima dell’anno 2020 e che al 31 dicembre 2019 risultavano beneficiari del regime agevolato, è stata poi data la possibilità di prolungare la durata dell’agevolazione, in presenza di figli o in caso di acquisto di abitazione.
Le agevolazioni per i lavoratori impatriati
I lavoratori impatriati sono coloro che trasferiscono la residenza e l’attività lavorativa in Italia, dopo essere stati all’estero per almeno 2 anni. Per loro, per 5 anni il 70% del reddito da lavoro indipendente o autonomo non è imponibile ai fini Irpef in presenza di una delle seguenti condizioni:
- siano laureati e abbiano svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
- abbiano studiato continuativamente fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post laurea;
- abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia, impegnandosi a risiedervi per almeno 2 anni
- lavorino prevalentemente nel territorio italiano.
L’agevolazione può essere estesa per altri 5 anni, in presenza di altri requisiti specifici.
Gli incentivi al rientro funzionano?
Uno studio condotto da Ippedico e Bassetto sugli incentivi italiani per favorire il rientro dei cervelli confronta l’aumento dei rientri tra i giovani laureati con quelli tra i giovani diplomati e tra i laureati nati prima del 1969. La ricerca stima che l’introduzione degli incentivi fiscali abbia aumentato del 30% i flussi di rientro dall’estero di individui aventi diritto agli incentivi (rispetto ai non aventi diritto). L’aumento tuttavia non basta a colmare il divario con le partenze.
Lo studio stima un rapporto costi-benefici in pareggio, poiché la perdita di gettito degli infra-marginali è compensata dall’aumento di gettito degli individui marginali. Tuttavia, la ricerca segnala che l’effetto fiscale è negativo se:
- una quota sufficientemente alta di individui al margine emigra allo scadere degli incentivi (o prima);
- la durata degli incentivi è troppo lunga;
- l’età media dei beneficiari troppo alta.
Gli autori dello studio suggeriscono quindi di disegnare correttamente gli incentivi e di accompagnarli con misure che affrontino alla radice le cause della fuga dei cervelli.