Per banchieri e avvocati d’affari è un momento nero ma all’orizzonte si vedono segnali di ripresa. L’attività di m&a ha subìto una battuta d’arresto in tutto il mondo nei primi sei dell’anno a causa della pandemia di Covid-19 e del conseguente periodo di lockdown in tutte le principali economie, con il valore aggregato delle acquisizioni a livello globale pressoché dimezzato rispetto alla prima metà del 2019. In questo scenario le società, prese dal monitoraggio della liquidità e dalla gestione immediata dell’impatto della crisi e delle procedure di working from home, e i fondi di private equity hanno rimandato i piani di acquisizione e interrotto i processi di cessione in corso.
Nonostante questo, una ricerca EY ha rilevato che le aziende che subito dopo una crisi utilizzano velocemente la leva delle operazioni straordinarie per crescere sono quelle che ne traggono i maggiori benefici nel lungo medio e lungo termine.
Da un’analisi delle transazioni realizzate tra il 2008 e il 2010, ossia immediatamente dopo la crisi finanziaria globale, è emerso che le aziende early-mover, che hanno fatto scelte coraggiose in merito a operazioni di m&a e trasformazione del proprio portafoglio, hanno visto un aumento del rendimento nel decennio successivo, rispetto agli altri operatori del mercato.
In particolare, le aziende che in quella fase hanno effettuato acquisizioni hanno registrato un rendimento totale degli azionisti più elevato del 26%, mentre le aziende che hanno ridefinito gli asset in portafoglio tramite disinvestimenti hanno ottenuto in seguito rendimenti più alti del 24%. Inoltre, la ricerca ha rilevato che queste aziende hanno registrato rendimenti due o tre volte superiori rispetto a quelle che hanno adottato un approccio più prudente.
“In qualsiasi tempesta la reazione istintiva è quella di correre ai ripari e aspettare, ma l’evidenza dimostra che restare fermi non è un’opzione percorribile. Come ci insegna la crisi finanziaria del 2008, in queste fasi straordinarie il mercato consente alle aziende di effettuare acquisizioni strategiche, in grado di sostenere poi una crescita più rapida nel periodo di ripresa. Allo stesso tempo, la crescita organica attraverso piani d’investimento mirati è altrettanto cruciale” ha commentato Andrea Guerzoni, EY Global Vice Chair dell’area Strategy and Transactions.
Cosa succede in Italia
Anche nel nostro Paese si è registrata una frenata nelle attività di fusione e acquisizione. Il primo semestre 2020 si è chiuso con un valore aggregato di transazioni m&a effettuate su target italiane pari a circa € 9,3 miliardi.
Il dato è minore non solo rispetto al periodo 2015-2018 di elevata attività m&a, ma fin dalla crisi finanziaria del 2009, e sconta l’effetto dei mesi di lockdown imposto in Italia e nelle principali economie da marzo a maggio 2020, a seguito del propagarsi del Covid-19. Significativa anche la minima incidenza di sole tre operazioni di grandi dimensioni (con valore di acquisizione superiore a un miliardo di euro). Ma non mancano i segnali positivi.
“In Italia già nel secondo trimestre del 2020 abbiamo notato una certa ripresa in termini di transazioni e ci attendiamo che questo trend prosegua anche nella seconda metà del 2020. Le aziende, gli imprenditori e i fondi hanno effettivamente compreso che questa crisi legata al Covid-19 è destinata a ridisegnare mercati, comportamenti di consumo e operation delle aziende e in questo contesto le operazioni straordinarie sono viste come opportunità per accelerare i processi di trasformazione.
I settori più difensivi e resilienti, che hanno subito in misura minore l’effetto del periodo di confinamento, in alcuni casi traendone opportunità di crescita, sono quelli considerati più appetibili dagli investitori: infrastrutture digitali e fisiche, settore farmaceutico, healthcare, agroalimentare, packaging” ha chiarito Marco Daviddi, Mediterranean Leader dell’area Strategy and Transactions.
Dall’analisi di EY emerge inoltre una riduzione delle valutazioni in termini di multipli, che potrebbe portare anche a vantaggiose opportunità di consolidamento per operatori sia strategici sia finanziari.
I driver della ripresa delle attività di fusioni e acquisizioni sono rappresentati anche dall’enorme ammontare di liquidità da investire a disposizione dei fondi di private equity, soprattutto esteri, e le opportunità di consolidamento nei settori tipici del Made in Italy, in cui molte famiglie sono desiderose di ricercare un affiancamento nella gestione per agevolare il passaggio generazionale.
“La crisi improvvisa, che ha provocato un impatto senza precedenti sulla top line e sui margini, comporterà un addizionale ricorso all’indebitamento da parte delle imprese attive in molti comparti, che vedranno ridursi il patrimonio netto. Emerge quindi un rilevante tema di capitale in alcuni settori maggiormente impattati dalla emergenza sanitaria e la conseguente esigenza di ricapitalizzazione potrà favorire trend di integrazione e consolidamento, specie quando sono presenti filiere molto strutturate, quali automotive e componentistica, manifatturiero e fashion” -aggiunge Daviddi.
“Man mano che l’economia mondiale andrà incontro a una progressiva ripresa nel 2021, le transazioni e i piani d’investimento emergeranno come uno strumento fondamentale per le aziende per ridefinire il proprio futuro.
La necessità di evolvere il proprio modello di business per garantire la crescita nel new normal porterà i manager a ricercare modalità per ripensare, ridefinire e reinventare il business per creare valore a lungo termine” – conclude Guerzoni.