MILANO (WSI) – Borsa Milano chiude le contrattazioni in ribasso di due punti percentuali, con le banche che, a parte l’eccezione di MPS che è salita anche +7,7% nelle prime battute della seduta, rimangono sotto intensa pressione. Le quotazioni della banca senese, su cui si susseguono i rumor di un’eventuale fusione, hanno recuperato in tre giorni un a percentuale record +49%. Pop Milano, Banco Popolare e Unicredit cedono più del 6%.
Intanto oltre al settore bancario (indice di riferimento in calo del 4% in Italia), a distinguersi in negativo in Europa è stato quello petrolifero. Le quotazioni del petrolio hanno nuovamente intrapreso la strada dei ribassi dopo che l’Iraq ha annunciato una produzione record e dopo che Saudi Aramco, un colosso saudita energetico, ha annunciato che non ha intenzione di ridurre gli investimenti.
Così, in una intervista rilasciata a Bloomberg, Peter Garny, responsabile della strategia dell’azionario presso Saxo Bank, commenta l’andamento volatile dell’azionario:
“Draghi ha fermato in parte il bagno di sangue della scorsa settimana, ma rimangono interrogativi sul contesto macroeconomico globale. Gli investitori stanno perdendo la fiducia sulle valutazioni delle azioni. Se l’economia mondiale rallenta, non è possibile giustificare i multipli che stiamo pagando. Il collasso dei prezzi del petrolio continua a fare vittime tra i bilanci societari. Siamo ancora positivi sull’azionario e i mercati potrebbero segnare ancora un recupero, ma ovviamente questa settimana ci sono diversi eventi che porteranno il rischio”.
Le ultime due sessioni della scorsa settimana hanno portato l’indice di riferimento dell’azionario europeo Stoxx 600 Europe a un valore pari a 14,4 volte i profitti attesi, lo scorso venerdì, contro il minimo di 13,8. L’indice ha perso -7,5% nel mese di gennaio, al ritmo più forte da agosto e si avvia a soffrire il peggior inizio anno dal 2008.
I titoli azionari italiani, riporta Bloomberg, sono tra i peggiori in Europa sulla scia delle preoccupazioni che riguardano i crediti deteriorati delle banche.
Tornando alla sessione odierna, focus sul titolo Saipem che, nel giorno del via libera all’aumento di capitale, inizialmente non ha fatto prezzo, con un balzo teorico +20%, poi è entrata nelle contrattazioni con un guadagno di quasi +7%, ed è stata nuovamente sospesa per eccesso di rialzo con oltre +13%. In calo invece i diritti, che segnano un calo teorico -18%, non riuscendo ancora a fare prezzo.
Riguardo ai termini dell’operazione di aumento di capitale, il rapporto di assegnazione è di 22 nuove azioni ogni 1 azione ordinaria e/o di risparmio Saipem detenuta, a un prezzo di 0,362 euro, con uno sconto del 37% sul Terp. I diritti di opzione saranno esercitabili a pena di decadenza dal 25 gennaio all’11 febbraio mentre saranno inoltre negoziabili in Borsa fino al 5 febbraio. Intanto si scommette sull’arrivo di un nuovo contratto in Iran, in attesa della visita del presidente del paese Rouhani in Italia.
Dietrofront deciso per le quotazioni del petrolio, dopo le operazioni di short covering del fine settimana e della domanda di carburante dovuta al calo delle temperature negli Stati Uniti.
I prezzi della materia prima sono balzati fino ad anche il +10% nella sessione di venerdì, ma ora sia il contratto WTI Crude che il Brent Crude oscillano attorno a $31 al barile con perdite superiori al -3%.
Scettico sulla ripresa del greggio Herald Van Der Linde, responsabile strategia sull’azionario dei mercati APAC presso HSBC, che ha affermato come “la domanda (di petrolio) nel mondo non sia estremamente forte” e che “in diverse parti del mondo, si è alle prese con il problema della deflazione“.
Sul valutario, mettendo da parte la delusione per i dati macro pubblicati in Germania, l’euro ha recuperato terreno sul dollaro, sopra quota $1,08. Dollaro/yen in calo, rimanendo sopra JPY 118,40.
In Asia sulla Borsa di Tokyo l’indice Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,90% a 17.110,91 punti. Shanghai ha fatto invece +0,78%.
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