NEW YORK (WSI) – Dopo avere archiviato la prima settimana in rialzo su tre, Wall Street apre la nuova ottava all’insegna degli acquisti. Nel finale, il Dow Jones guadagna l’1,4% a 16.621 punti, il Nasdaq sale dell’1,48% a 4.571 punti mentre lo S&P 500 mette a segno un rialzo dell’1,47% a 1.946 punti.
Dow Jones e S&P 500 potrebbero riuscire a portare in positivo il bilancio di febbraio, sempre che riescano a mantenere lo slancio in corso.
A spingere verso l’alto la borsa e’ stato il rally del petrolio che ha chiuso in rialzo del 6,2% grazie a un rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), in cui si prevede una diminuzione della produzione di shale oil negli Stati Uniti sia nel 2016 che nel 2017. A sostenere i listini ha contribuito anche la crescita dei prezzi delle materie prime e i segni di stabilita’ del mercato cinese.
Senza un significativo calo della produzione quest’anno da parte di Paesi non membri dell’Opec o di un incremento della domanda “e’ difficile vedere una ripresa significativa dei prezzi nel breve termine”, si legge nel rapporto secondo cui gli Usa guideranno l’aumento della produzione entro il 2021 nonostante abbiano subito “per il momento il colpo maggiore”.
La diminuzione dello shale e’ un elemento fondamentale per i prezzi del greggio: questo perche’ e’ stato propio lo shale a aumentare le scorte negli ultimi dieci anni, spingendo cosi’ il prezzo al Nymex verso il basso. Un crollo che dal giugno del 2014 ha tolto il 70% del valore al petrolio.
Sul fronte macro, recupera terreno a gennaio l’indice manifatturiero calcolato dalla Federal Reserve di Chicago. Il dato e’ salito a +0,28 punti da -0,34 di dicembre (dato rivisto dall’iniziale -0,22). La media a tre mesi e’ migliorata a -0,15 da -0,30 della lettura di dicembre.
In assenza di notizie in grado di muovere i mercati, gli investitori attendono la carrellata di indicatori in calendario per domani, tra cui la fiducia dei consumatori e alcuni dati sull’andamento del mercato immobiliare.
Gli investitori nel Forex d’oltreoceano non hanno sprecato tempo a cercare di recuperare il tempo perso rispetto all’Europa, come dimostra l’accelerazione al ribasso della sterlina successiva alla ripresa delle contrattazioni nei mercati Usa dopo la sosta del weekend.
La valuta britannica perde quasi due punti percentuali contro il dollaro Usa, attestandosi aa quota 1,4122 dollari (-2,8 centesimi netti). Ora che il sindaco di Londra Boris Johnson e Michael Gover (un altro politico conservatore di spicco) si sono schierati a favore della campagna pro Brexit, secondo Citi le probabilità che la Gran Bretagna lasci l’Unione Europea sono pari al 30-40%, in rialzo del 10% rispetto alle ultime stime fatte.
Sebbene la debolezza della sterlina abbia anche un impatto positivo sull’economia britannica e in particolare sulle attività delle fabbriche delle società esportatrici, se dovesse vincere il fronte dell’Out nel referendum di fine giugno, il Pil britannico rischia di contrarsi dello 0,5% l’anno e l’agenzia Moody’s ha minacciato di tagliare il rating creditizio del paese.
Tra gli altri mercati, le quotazioni dell’oro lasciano sul parterre il 2% circa, pagando un affievolimento della domanda per i beni rifugio.