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G20, testa a testa tra Cina e USA. Gli esiti più probabili

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Continuano a susseguirsi i rumors stampa in vista del tanto atteso meeting tra il presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo americano Donald Trump, in calendario domani in Giappone, a margine del G20. Sul tavolo, il rilancio delle trattative che si sono interrotte a maggio, quando l’amministrazione Trump ha alzato le tariffe dal 10% al 25% per circa 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Successivamente, la Cina ha adottato misure di ritorsione aumentando a propria volta le tariffe.

La posta in gioco è chiaramente alta. Questo G20 darà l’impronta alla futura direzione dei negoziati e determinerà i trend di mercato e le reazioni delle banche centrali nelle prossime settimane e, forse, in tutto il secondo semestre dell’anno. Le banche centrali hanno già fatto capire di essere pronte a reagire velocemente in caso di necessità e ad allentare le politiche monetarie per sostenere l’espansione economica, poiché i rischi al ribasso per l’economia globale rimangono elevati.

Negli USA, per esempio, ci si attende che la FED tagli i tassi dei federal funds  di 25 o 50 punti base (fonte: Bloomberg) durante il prossimo meeting a luglio. La portata dei tagli dipenderà dall’esito del G20.

Secondo il Wall Street Journal, Pechino metterà una serie di precondizioni per raggiungere la pax commerciale, incluso lo stop al bando a carico di Huawei. Non solo. Tra le altre condizioni, ci sarebbero la rimozione dei dazi punitivi e la rinuncia Usa di maggiori acquisti di beni americani da parte di Pechino. Malgrado ciò, Xi “non avrà un comportamento aggressivo”. Per il consigliere economico della Casa Bianca, Larry Kudlwow, nessuna precondizione è stata invece fissata in vista del meeting. Per il giornale cinese South China Morning Post, una tregua potrebbe essere annunciata prima del faccia a faccia

Gli esiti più probabili e la reazione dei mercati

Secondo Hervé Chatot Multi Asset Fund Manager, La Française AM, sono  tre i possibili scenari:

1- Un “cessate il fuoco” (con una sospensione dell’imposizione di nuove tariffe): entrambe le parti si accordano per una tregua (per un periodo di tempo limitato o meno). Ripresa dei negoziati commerciali

2 – Un accordo (de-escalation): le parti concordano un accordo di soluzione che soddisfi entrambe con un graduale ritiro di parte, gran parte o tutte le tariffe in vigore

3 –   Escalation: i negoziati commerciali falliscono. Potrebbero essere imposte nuove tariffe dagli USA su parte o tutti i restanti 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi durante il terzo trimestre dell’anno. La guerra commerciale subisce un’escalation.

“Secondo noi, al momento attuale- si legge in una nota – un accordo che soddisfi entrambe le parti è poco probabile. Si tratta di un’eventualità che scartiamo perché troppo ottimistica. Se invece dovesse verificarsi, la reazione del mercato potrebbe essere molto positiva con un rally molto forte per gli asset rischiosi (mercati azionari, sia emergenti che sviluppati, credito High Yield), associato a un brusco incremento dei rendimenti core: gli investitori rivedrebbero le proprie view sui messaggi “dovish” delle banche centrali.
Il mercato azionario cinese e gli asset emergenti ne beneficerebbero più di tutti. L’esito secondo noi più probabile è quello di un cessate il fuoco, con entrambi i Paesi desiderosi di riprendere i colloqui. Gli USA accetterebbero di sospendere l’imposizione di nuove tariffe e di riprendere i negoziati.
Questo esito sarebbe ancora “market friendly” ma si tratta di uno scenario già ben scontato dai mercati. Il mercato azionario USA è vicino a livelli record. Quindi riteniamo che il mercato potrebbe reagire positivamente, anche se pacatamente. Non prevediamo un forte rally sui mercati azionari dei Paesi sviluppati. Questo esito dovrebbe risollevare soprattutto gli asset emergenti: probabilmente ne beneficerebbero particolarmente i nomi più legati al commercio, che avevano sofferto e sotto-performato durante le ultime settimane. È probabile che i bond governativi core verrebbero svenduti, almeno all’inizio, per un breve periodo. Ad ogni modo, non possiamo escludere un’escalation, risultato di un fallimento nei negoziati. In tal caso, gli USA continuerebbero a mettere pressione alla Cina, imponendole nuove tariffe. Sarebbe una notizia pessima e la fiducia delle aziende si deteriorerebbe più rapidamente, trascinando con sé l’economia globale.
Questo esito sarebbe chiaramente molto rischioso per i mercati e implicherebbe un periodo di incertezza più prolungato. Tutti gli asset rischiosi verrebbero svenduti rapidamente e gli asset rifugio conoscerebbero un forte rally (soprattutto i Treasury USA e l’oro), poiché i mercati prezzerebbero una guerra commerciale vera e propria e una recessione per i mesi a venire. Crediamo che questo rappresenti lo scenario meno probabile di tutti perché avrebbe impatti molto negativi sull’economia di entrambi i Paesi e per l’outlook della crescita economica globale. Tutto ciò detto, rimaniamo cauti in vista di questo meeting, perché è molto difficile predirne l’esito politico. Tuttavia, se la guerra commerciale dovesse degenerare, la crescita globale potrebbe venirne fortemente ridimensionata: fino a 70 punti base secondo l’opinione diffusa dei macro-economisti”.