(WSI) – Continua il dibattito sulle gabbie salariali dopo il no di Confindustria e sindacati. Critiche da Pd, Udc e Idv. Nel Pdl Gasparri spiega che la maggioranza non ha alcuna intenzione di introdurre le gabbie salariali. Capezzone assicura che per il Sud il governo ha in mente una svolta. Fassino preferisce la formula degli sgravi fiscali, mentre il leader dell’Udc parla di fallimento del ceto politico del Mezzogiorno.
Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, spiega in un’intervista a Il Mattino che il ceto politico del Mezzogiorno ha fallito «e merita una condanna senza appello». Bocciatura che si estende anche all’ipotesi di partito del Sud «invocato proprio da coloro che sono responsabili del grande spreco di risorse». Per il leader dell’Udc «non si possono chiudere gli occhi davanti a realtà come la Campania o la Calabria dove lo Stato è stato costretto a svolgere un ruolo di supplenza». E al suo partito rivendica il merito di essere stato il solo, in Parlamento, a denunciare «l’enorme esproprio di risorse da Sud a Nord che c’è stato in questi mesi».
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Rapporto Lega-Premier. Casini precisa di essere «sinceramente convinto che Berlusconi abbia intenzioni buone per il Sud. Ma è la Lega a dettare i ritmi e l’agenda del governo, influenzando non solo la maggioranza ma anche l’opposizione».
«In linea teorica» Casini ritiene possibile dialogare sulle gabbie salariali, senza però dimenticare il divario in termini di servizi sociali collettivi a favore del Nord. Per la Banca del Sud, infine, Casini non crede che sia sufficiente appoggiarla sul credito cooperativo del quale è pure un grande assertore. «Il piano Marshall per il Sud va bene – aggiunge infine – così come l’elenco delle priorità ma ora bisogna passare dalle parole ai fatti».
Per Piero Fassino «con le gabbie salariali non si risolve il problema del Paese, che è quello dei bassi redditi sia al Nord che al Sud, ma con sgravi fiscali, estendendo la contrattazione aziendale e legando le retribuzioni alla produttività». Fassino, intervistato dal Corriere della sera, esorta la Cgil a tornare indietro sulla riforma della contrattazione e di essere disponibile «a riaprire un confronto senza rigidità pregiudiziali» e a Cisl e Uil di «coinvolgere pienamente la Cgil nella applicazione dell’accordo quadro e soprattutto nella definizione delle piattaforme contrattuali».
«Le gabbie salariali significano rigidità – spiega Renato Brunetta su La Stampa – e al mercato del lavoro italiano, al Mezzogiorno come al Nord, serve flessibilità».
Il vicepresidente dei deputati del PdL, Italo Bocchino, assicura che «nessuno pensa alla reintroduzione delle gabbie salariali così come è stato scritto con chiarezza nel documento sul Mezzogiorno dei gruppi parlamentari del PdL». Il Mezzogiorno, sottolinea, «ha però bisogno di maggiore flessibilità contrattuale per ridurre il tasso di disoccupazione e questa flessibilità più che riguardare il costo della vita deve essere agganciata al tasso di disoccupazione locale e alla produttività».
Deciso il commento di Maurizio Gasparri: «Non c’è alcuna intenzione da parte della maggioranza di portare all’esame del Parlamento una legge che imponga differenze nei redditi tra Nord e Sud. La sola ipotesi contrasta con tutte le proposte finora avanzate dai gruppi parlamentari del PdL».
Daniele Capezzone sottolinea che «le soluzioni a cui pensare sono quelle della flessibilità e del federalismo, dando ampio spazio alla contrattazione decentrata, senza interventi rigidi e centralisti». E aggiunge: «Per il Sud, il governo Berlusconi ha in mente una svolta, garantita dall’impegno diretto e personale del premier».
Con la Lega «non c’è subalternità – spiega Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera e responsabile organizzazione del PdL – anche perché questa subalternità non c’è nei numeri che abbiamo. In una coalizione come la nostra il peso del PdL è e resta determinante avendo noi il 35% dei consensi nel Paese».
«Respingere egemonia disgregatrice della Lega». «Il Popolo della Libertà – dice Carmelo Briguglio, vicepresidente dei deputati del Pdl – dovrà assumere con più decisione la leadership politica e culturale del centro-destra e del Paese respingendo i tentativi di egemonia disgregatrice del partito di Bossi» e Berlusconi deve «tener conto del nuovo bipolarismo Nord-Sud».
Critico Leoluca Orlando (Idv) per il quale agganciare le paghe al Sud al livello di vita rappresenta «l’ennesima mortificazione dei principi costituzionali di diritto al lavoro, eguaglianza e solidarietà».
Gianfranco Rotondi, ministro per l’Attuazione del Programma di Governo, definendo le gabbie salariali parla di «parole, miti e ricette di trenta anni fa», epr questo incaricherà un gruppo di personalità di area di governo e area di opposizione di «definire proposte concrete e possibilmente nuove per affrontare il tema irrisolto».
Le gabbie salariali «sono un elemento di disgregazione sociale», e non risolveranno i problemi del Sud afferma la presidente della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande.
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L’incubo di nuove rivelazione sulle note faccende che hanno riguardato la sua vita privata, Silvio Berlusconi non lo ha ancora scacciato. «Teme che a settembre si scateni un nuovo diluvio», profetizzava ieri un ben informato sottosegretario. Una tesi che dà ragione a coloro che, come il centrista Roberto Rao, spiegano i ripetuti affondi del Cavaliere nei confronti della Rai con la tesi che «la migliore difesa è l’attacco». Spingere i neodirettori Rai ad affermare ad inizio mandato (ieri è toccato ad Antonio Preziosi del Gr) che «l’informazione politica deve rimanere lontana dal gossip», sarebbe per qualcuno la conferma degli ulteriori timori del premier, che ieri sera nella villa sarda ha chiamato a raccolta i figli in occasione del compleanno di Marina proprio per smentire dissapori e divisioni tra i cinque eredi.
Senza particolari scrupoli, come spesso accade, la Lega di Umberto Bossi è pronta ad infilarsi ancora una volta nelle ansie del Cavaliere per continuare a spingere la linea dell’esecutivo che il Carroccio ha difeso anche nei momenti difficili del caso Noemi e dell’affaire Mills. Dopo ronde, immigrati e sicurezza, la ripresa di settembre ha già le gabbie salariali all’ordine del giorno di via Bellerio, insieme ai decreti attuativi del federalismo fiscale.
Alle ripetute provocazioni di Umberto Bossi che da giorni spara ad alzo zero, ieri il presidente del Consiglio ha provato a proporre l’accelerazione sulla riforma del processo penale. Una riforma che già qualche mese fa il Carroccio bloccò con la scusa del “no” al giro di vite per i writers («i muri sono i libri dei popoli», disse il Senatùr) e la proposta dell’elezione diretta dei pm. Malgrado la Lega sia pronta a mettersi di nuovo di traverso, Berlusconi intende però mettere un altro tassello alla riforma delle giustizia e, dopo quella civile, punta al varo di quella penale in modo da avviare nella seconda parte della legislatura la restante riforma costituzionale con tanto di modifica del Csm. Bossi non sembra però avere la stessa fretta e, in attesa della sentenza della Consulta sulla legittimità del “lodo Alfano” prevista per i primi di ottobre, alza la voce anche sulle candidature in vista delle prossime elezioni regionali.
Nel ruolo di “partito di lotta e di governo”, il Carroccio ha sempre spuntato il massimo nelle urne e a palazzo Chigi, ma l’insofferenza nella coalizione monta e lo stesso Berlusconi fatica a giustificare le continue esternazioni degli esponenti della Lega con l’imminente appuntamento di Pontida. A bollare come «ridicole» le posizioni della Lega su Tricolore, Roma e gabbie salariali, è stato ieri il sottosegretario piemontese Guido Crosetto, a conferma del timore che serpeggia nell’ala nordista del Pdl di lasciare alla Lega il compito di unica rappresentante delle ragioni del Nord.
Il promesso varo a settembre dell’Agenzia per il Sud e delle Banca del Sud, rischia di intrecciarsi con l’agenda del Carroccio che a sua volta alza il tiro per il timore che non vengano rispettati i tempi per l’attuazione del federalismo fiscale che il ministro Giulio Tremonti continua ad indicare come «la vera riforma». Berlusconi, che a settembre non esclude nemmeno di fare una puntatina alla festa di Telese di Clemente Mastella, vuole però raddrizzare l’immagine eccessivamente nordista del suo esecutivo. Bossi lo attende però al varco e stavolta, forte della indispensabilità del suo partito, punta in alto e al momento opportuno è pronta a chiedere di nuovo la guida di Lombardia e Veneto.
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