Dopo le dichiarazioni infelici di qualche giorno fa del commissario per il bilancio Günther Oettinger, ripartono le polemiche tra Roma e Bruxelles. Questa volta la colpa è del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che ieri subito dopo la nascita del governo giallo-verde, ha puntato il dito contro l’Italia:
“Agli italiani servono più lavoro e meno corruzione. E devono smettere di incolpare l’Ue per tutti i problemi dell’Italia” ha detto Juncker, invitando inoltre gli italiani a “smettere di guardare all’Ue per salvare le regioni più povere del Paese”.
Juncker ha poi aggiunto:
“Gli italiani devono prendersi cura delle regioni povere d’Italia. Ciò significa più lavoro; meno corruzione; serietà”, ha indicato Juncker. “Li aiuteremo come abbiamo sempre fatto. Ma non si faccia il gioco di scarico di responsabilità con l’Ue. Un Paese è un Paese, una nazione è una nazione. Prima i Paesi, l’Europa in secondo luogo“.
“Non mi risulta che il presidente abbia usato quelle parole sull’Italia. Anzi, le parole attribuite a Juncker sono state prese fuori contesto”, si è affrettata a precisare la sua portavoce riferendosi a un primo titolo riportato dal Guardian: “Gli italiani lavorino di più e siano meno corrotti”.
A stretto giro arriva la dura replica dell’italianissimo presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che chiede al presidente della Commissione di “smentire immediatamente le frasi che gli vengono attribuite perché se fossero vere sarebbero inaccettabili”.
Le parole di Juncker, fraintese o meno, hanno ancora una volta l’effetto di aizzare i sentimenti antieuropeisti di una parte dell’opinione pubblica italiana, tanto più se si considera che arrivano dopo la dichiarazione del commissario Ue Guenther Oettinger secondo cui i mercati avrebbero punito l’Italia se avesse continuato a votare i partiti anti-establishment, e il violentissimo editoriale dello Spiegel, che bollava gli italiani come “accattoni oziosi”.
L’exploit più grave è stato però quello del deputato della Csu, il partito bavarese affiliato alla Cdu di Angela Merkel, secondo il quale, se l’Italia andasse in default, occorrerebbe “marciare su Roma”.