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GEAB 89: alert, liquidità in pericolo. Rischio shock sui mercati nel 2015

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ROMA (WSI) – Il crollo dei prezzi del petrolio sta per distruggere l’industria petrolifera e del gas naturale. E la crisi ucraina costringerà l’Europa a ripensare il rapporto di dipendenza che la vede legata alla Russia per le forniture energetiche. E’ questo sintesi il messaggio dell’ultima newsletter di Global Europe Anticipation Bullettin (GEAB), che fa notare con un grafico della EIA, relativo alle esportazioni di gas russo nel 2012, che l’11% delle fornitura quell’anno è andato verso l’Italia, il 6% in Francia, così come nel Regno Unito, il 19% in Turchia, il 24% in Germania, il 24% dei paesi dell’est europeo e il 10% in altri paesi dell’Europa occidentale.

Oltre alla necessità dei paesi europei di trovare fonti alternative di energia e soprattutto di spezzare il cordone ombelicale che la tiene legata alla Russia, c’è un altro fattore che preoccupa in generale, riguardo all’industria petrolifera. “Si pensava che l’industria del petrolio sarebbe stata salvata dal gas di scisto; e invece perderà a causa del gas di scisto”, è scritto nel rapporto. “Molte aziende stanno scappando dal business dell’estrazione di gas di scisto: che il motivo sia la scarsa redditività, come in Texas, nel Nordest degli Stati Uniti, o in Polonia; o per le proteste contro l’estrazione in Inghilterra e in Romania; o per le sanzioni contro la Russia”, il punto è che ci sono diverse vittime.

E già i prezzi del petrolio a $80 (ora hanno sfondato anche la soglia dei $70) stavano iniziando a “diffondere il panico, tanto che un articolo ha annunciato già i primi segnali di un rallentamento delle operazioni di trivellazione”.

“Le più grandi società energetiche sono obbligate a vendere molti asset per salvarsi; la loro produzione è scesa in modo drammatico (…)”; diverse aziende si stanno indebitando a ritmi sempre più elevati e le operazioni che riguardano l’industria petrolifera (il gas di scisto in particolare), improvvisamente rischiano di non essere più redditizie se nel lungo termine i prezzi continueranno a oscillare al di sotto della soglia a $80″. Per non parlare dei “finanziamenti (al settore petrolifero), il cui accesso sta diventando sempre più difficile in questi tempi di crisi economica”.

Il GEAB mette in rilievo che il tonfo dei petrodollari. “Tutti questi fattori stanno convergendo verso uno shock dei mercati petroliferi nei prossimi due anni. I tempi saranno duri per le società energetiche. Dal momento che queste rappresentano una quota significativa della capitalizzazione del mercato azionario globale, l’effetto domani sugli indici azionari e sull’economia non si farà attendere. I mercati finanziari potrebbero essere colpiti da un enorme shock nel 2015, che questa volta non sarà da addebitare alle banche, ma all’industria petrolifera”.

Oltre al GEAB c’è anche un altro fattore: stando a uno studio di BNP Paribas, i paesi esportatori di energia ritireranno dai mercati globali i loro petrodollari, per la prima volta in quasi venti anni; una manovra che, stando a quanto scrive Reuters “probabilmente scatenerà il calo della liquidità sui mercati globali”. Di fatto: “quest’anno i produttori di petrolio importeranno capitale per $8,6 miliardi. Per fare un confronto, gli stessi hanno esportato $60 miliardi nel 2013 e $248 miliardi nel 2012, stando al grafico basato sui calcoli di BNP Paribas”. In altre parole, gli esportatori stanno ritirando la liquidità dai mercati finanziari, invece che portare nuova liquidità. E questo potrebbe risultare in aumento dei costi di accesso al credito per i governi, per le aziende e per i consumatori, dal momento che la liquidità diventerà scarsa.

In poche parole, come titola un articolo sulla stampa Usa, “There Will Be Blood”, riprendendo il titolo del film con Daniel Day Lewis che in Italia è stato tradotto come “Il Petroliere”, facendo riferimento alla morte del petrodollaro. (Lna)