New York – Con l’attribuzione alla Banca d’Italia, azionista con il 4,5% di Generali, della vigilanza sulle compagnie di assicurazione si è creato un intreccio di interessi “mostruoso” sul Leone di Trieste che spetta al governo sciogliere.
E’ l’opinione dell’ex presidente delle Generali, Cesare Geronzi, banchiere di lungo corso ed ex funzionario della banca centrale.
Ospite domenica di una trasmissione televisiva domenica, Geronzi ha ricordato che le stesse Generali detengono una quota del 6% circa del capitale di Bankitalia e ha fatto riferimento a una norma mai attuata della legge sul risparmio del 2005 che prevedeva il trasferimento allo Stato delle quote dell’istituto centrale detenute da privati.
“La Banca d’Italia avrebbe dovuto risolvere questo problema prima, ossia non appena ha saputo che sarebbe diventata l’organo di controllo delle compagnie di assicurazione”, ha osservato Geronzi ospite di Lucia Annunziata su Rai 3.
“Le Generali detengono il 6% della Banca d’Italia e quindi c’è un intreccio mostruoso. Deve intervenire il governo per eliminare prima la statalizzazione della Banca d’Italia e trovare una soluzione all’intreccio”, ha aggiunto.
A partire da gennaio, alla Banca d’Italia spetterà di vigilare oltre che sul sistema bancario anche su quello assicurativo attraverso la nascita dell’Ivass.
Poichè via Nazionale possiede una partecipazione nel Leone di Trieste dal valore di circa 920 milioni di euro, si crea un conflitto di interessi tra controllore e controllato.
In una recente intervista, il direttore generale di palazzo Koch, Fabrizio Saccomanni, ha detto che una soluzione sarà trovata entro l’inizio del prossimo anno.
Venerdì ha preso quota l’ipotesi che Bankitalia ceda la sua quota in Generali al Fondo strategico italiano, controllato dalla Cassa depositi e prestiti e quindi in definitiva dal ministero dell’Economia.
Banca d’Italia e Cdp (30% fondazioni bancarie e 70% Tesoro)non hanno fatto commenti mentre l’ipotesi ha sollevato le critiche di alcuni degli azionisti di Generali che non vedono di buon occhio l’ingresso di un azionista ‘politico’.
“Non spetta agli azionisti delle Generali dire alla Banca d’Italia cosa deve o non deve fare”, ha scandito Geronzi.
Eventualmente, i soci della prima compagnia assicurativa italiana, “potrebbero dare al loro amministratore delegato il mandato di tenere i rapporti con la Banca d’Italia per una ordinata soluzione del problema”, ha aggiunto.
Rispondendo a una domanda su presunti pericoli di annessione di banche italiane da parte di banche straniere Geronzi ha risposto: “Non ci sono attacchi sulle banche italiane”.
Ma se un ministro del Tesoro poteva fare quello che Geronzi sostiene Tremonti avrebbe fatto anche senza controllare un 4,5% della compagnia – scrive l’economista Luigi Zingales sul Sole 24 Ore – immaginatevi che cosa potrà fare un futuro ministro del Tesoro disponendo di quella quota che gli permette di nominare un sindaco e tre consiglieri di amministrazione!
Attenzione dunque, prosegue Zingales, perche’ “il Fondo strategico italiano assicura al mondo della politica (che insieme con le Fondazioni bancarie ne nomina i vertici) un ampio potere di controllo e di ricatto sulle imprese partecipate”.
“Le privatizzazioni non sono molto popolari nel nostro Paese. Non stupisce quindi che anche sotto il governo di un liberale come Monti non si siano stati fatti passi in avanti verso una riduzione del potere politico sull’economia”, ma in questo caso si riscontra addirittura “il movimento in direzione inversa”, denuncia il professore di economia a Chicago. (Reuters Italia)