NEW YORK (WSI) – Nei paesi piu’ ricchi del mondo piu’ di un terzo dei giovani occupati ha un contratto a tempo determinato o ha una posizione part-time. Cosi’ e’ difficile poter accendere un mutuo o costruirsi un gruzzolo di risparmi decente per mettere su famiglia.
Secondo i calcoli dell’Economist sono 290 milioni le persone tra i 15 e i 24 anni senza occupazione, istruzione, stage o apprendistato. Una cifra equivalente a un quarto dei giovani del mondo. E il lavoro, per chi ce l’ha, e’ spesso temporaneo e il posto non e’ garantito.
Una generazione intera di senza lavoro, la prima dal Dopoguerra che non potra’ contare su un reddito piu’ alto di quello dei propri generazioni.
Due cose rendono il problema piu’ urgente da risolvere.
1) La crisi finanziaria e le conseguenze che ha avuto sull’economia: se devono licenziare, molti datori di lavoro preferiscono perdere le “giovani leve”. Ecco perche’ la disoccupazione giovanile ha subito una crescita a tassi sproporzionati rispetto alla media. Il numero di giovani senza lavoro nei paesi Ocse e’ salita di quasi un terzo rispetto al 2007.
2) Le economie in via di sviluppo che hanno le popolazioni di giovani piu’ vaste e in piu’ rapida crescita, hanno anche i mercati del lavoro peggio gestiti.
Le persone che iniziano le loro carriere senza trovare subito un lavoro, difficilmente avranno stipendi alti in futuro e faranno fatica a trovare un’occupazione stabile. Si parla di una penalita’ del 20% in busta paga in media, che dura per circa 20 anni.
Le difficolta’ sono trasmesse anche alla generazione successiva, creando un ciclo vizioso che pesa in modo drastico sulla crescita economica.
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I paesi con i tassi di disoccupazione giovanile piu’ bassi – come la Svizzera o i paesi scandinavi – hanno un legame molto stretto tra istruzione e lavoro. La Germania, per esempio, ha una lunga tradizione di una scuola di alta qualita’, seguita da un periodo di apprendistato formativo. Negli ultimi anni cio’ ha contributo alla riduzione dei tassi di disoccupazione, malgrado la crescita del Pil sia stata comunque modesta rispetto ai ritmi a cui Berlino era abituata fino a cinque anni fa.
Non e’ un caso che i paesi con un’elevata disoccupazione giovanile presentino pesanti lacune da questo punto di vista. Di solito spettava alle aziende ridurre il gap tra istruzione e formazione professionale, ma con la crisi finanziaria che morde costantemente dal 2007, i datori di lavoro non hanno piu’ la stessa spinta di una volta a costruire ponti e colmare quel buco.
In Italia quasi un giovane su quattro non lavora, non studia e non segue nessuna formazione professionale: una quota nettamente aumentata negli ultimi anni e superiore alla media dei paesi avanzati. A questi livelli la penisola è tornata indietro di circa 10 anni, secondo le tabelle contenute nel rapporto annuale sulla disoccupazione giovanile dell’Ilo, l’ente indipendente dell’Onu responsabile del lavoro.