A cura dell’Ufficio Studi di BorsadelCredito.it
Il coronavirus ha accelerato il cambiamento digitale anche in Italia facendo compiere alle abitudini di consumo un balzo in avanti di dieci anni in tre settimane. La dimestichezza con la tecnologia non sembra essere più una prerogativa dei più giovani, ma è diventata generalizzata. È la modalità Gen Z, quella dei nati dopo il 1997: una generazione poco conosciuta ma che detterà le regole – a questo punto non ci sono più dubbi – dei consumi futuri.
Il che impone a chi fa business di correre dietro a questa domanda, geneticamente modificata all’improvviso, adeguandosi con prodotti e servizi rispondenti. Qualcosa che in verità le aziende di qualsiasi settore, quello finanziario incluso, avrebbero dovuto aver già fatto, ma da cui ora non possono più prescindere.
Chi sono i Generazione Z e perché possono guidare il cambiamento
Ma cosa sappiamo della Gen Z? Gli studi si moltiplicano: secondo Deloitte i nati dopo il 2000 “non sono meno ambiziosi dei loro predecessori e più della metà mira a guadagnare buoni stipendi. Ma hanno priorità diverse”.
Così, se i Millenial mettono in cima alla lista delle loro priorità i viaggi e la possibilità di vedere il mondo (57%) e circa la metà desidera comprare una casa, i Gen Z sono più interessati a imprimere un impatto positivo sulle proprie comunità (46%) che ad avere una famiglia e figlio (39%). Gli uni e gli altri vivono e lavorano online e vogliono anche effettuare tutte le operazioni finanziarie con la stessa modalità. E infatti, a guidare il trend della digitalizzazione bancaria che stiamo vivendo in questi anni – e che la pandemia ha accelerato – sono stati Millennials e Gen-Z: secondo uno studio pubblicato da Boston Consulting Group (BCG), il 44% degli intervistati di età compresa tra i 18 e i 34 anni si è iscritto per la prima volta al banking online o mobile.
L’impatto dei Gen Z sul mondo finanziario è solo all’inizio, ma non va sottovalutato
E allora? “Dimenticate i Millenial, i Gen Z sono i nuovi ragazzi d’oro. Con l’ingresso dei più anziani, oggi, nel mondo del lavoro, è tempo di prendere questa generazione sul serio” si legge in un report di Porter Novelli/Cone. Morgan Stanley dal canto suo ritiene che l’impatto della domanda dei più giovani sui servizi finanziari sia solo all’inizio.
E per questo forse è ancora sottovalutato, ma come in ogni trend è necessario prepararsi per tempo. Il momento della verità per banche e affini sarà quando la Gen Z si collocherà tra i 25 e i 40 anni: allora l’industria finanziaria dovrà per forza mostrare il suo lato hi-tech e mobile-first. In questo contesto le FinTech come BorsadelCredito.it avranno la meglio.
FinTech: ecco perché piacciono ai più giovani
Perché? I motivi sono diversi. Uno studio del Center for Generational Kinetics sulla popolazione Usa, rileva che il 48% dei Gen Z ha sullo smartphone un’applicazione di pagamento. Fin da piccoli sono abituati a vivere il rapporto con il denaro in maniera disintermediata, oltre che tecnologica.
Non solo. I Gen Z sono la iGen, la generazione internet: è sempre il Center for Generational Kinetics a calcolare che un ragazzo su due trascorre almeno cinque ore al giorno sul proprio smartphone, che diventano dieci per una ragazza su tre.
Lo smartphone sarà il canale elettivo attraverso cui questa generazione accederà ai servizi finanziari. E d’altronde a fine 2019 l’Osservatorio del Polimi su FinTech e InsurTech aveva misurato un aumento della quota di connessione da smartphone di tutti gli utenti bancari (quota che ha raggiunto il 20% e che con Psd2 tenderà senza dubbio ad aumentare).
Il messaggio e il servizio viaggiano su mobile (e si fanno immediati e fluidi)
Ad un maggiore utilizzo dello smartphone si abbina quindi una comunicazione diversa e inedita. Messaggi semplici, intuitivi, veloci e istantanei. E visuali, basati su emoticon e meme. Le immagini assumeranno sempre maggiore importanza se si vuole parlare a questa generazione in maniera efficace.
E i social media diventano un mezzo fondamentale per intercettare la nuova clientela. Basti pensare che quasi una decisione di acquisto su due per gli appartenenti alla Gen Z viene veicolata dai social. Ancora, ritengono i servizi offerti dal tradizionale sistema bancario complessi, ripetitivi e carichi di informazioni superflue. Sono attratti da servizi efficienti e immediatamente fruibili e comprensibili, ma anche on-demand e fluidi.
Una generazione ancora eterogenea
Le sorprese non sono finite: uno studio di Raddon sulla fascia 16-19 anni dei Gen Z USA mostra per esempio che questi sono i più abituali fruitori delle filiali. Purché siano spazi multifunzionali con snack bar a disposizione.
Ma in generale i Gen Z sono molto diversi anche al loro interno e Raddon, quando analizza il loro rapporto con le banche, li divide in tre sottoinsiemi:
disruptors (39%), aperti ed entusiasti vero la fruizione di servizi finanziari attraverso le big tech come Amazon o Google e che non considerano i fornitori tradizionali essenziali per il loro futuro;
digital (39%), che preferiscono i canali bancari digitali ed evitano le transazioni faccia a faccia, ma considerano ancora necessari i fornitori tradizionali;
E infine i convenzionali (22%) che preferiscono le banche tradizionali (ma è la stessa Raddon a notare come si sia ridotta in soli due anni la quota di questo terzo gruppo: man mano che i Gen Z cresceranno, aumentando il proprio potere di acquisto, è presumibile che questo terzo gruppo scompaia).
Fattore impacting
A favore del FinTech (e del P2P lending in particolare, settore in cui opera BorsadelCredito.it e che investe nell’economia reale delle PMI) muove infine un’altra caratteristica della Gen Z: la passione per gli investimenti impacting. Non solo negli Usa: una ricerca del Sustainability Lab di Sda Bocconi per Banca Generali, i minorenni preferiscono investire ESG a parità di rendimento atteso ma anche a scapito di un pezzo di investimento.
Qualche indizio c’è. È ora di lavorare per prepararsi all’avanzare dei clienti del prossimo futuro.