Le critiche piovute su Mario Draghi e sulla Banca centrale europea per i presunti eccessi della della politica monetaria espansiva sono state soprattutto di marchio tedesco. E’ sempre più evidente anche ai media di orientamento mainstream che i diverbi fra Paesi creditori e Paesi debitori all’interno dell’Eurozona pongono seri problemi all’integrità della moneta unica. A parlarne sul Financial Times è forse il più importante dei suoi commentatori, Martin Wolf, che indica la Germania quale “maggior problema dell’area euro”.
Le conclusioni di Wolf sono le seguenti: Berlino, e il surplus corrente di cui si fa forte, spinge la Bce verso la tutela degli interessi dei creditori, quest’ultima, tuttavia, non può e non deve assumere l’unico punto di vista dei tedeschi, perché questo porterebbe l’Eurozona nel baratro della deflazione. Insomma, le “politiche devono essere bilanciate” e se alla Germania non sta bene “dovrebbe esercitare la sua exit option”, ossia uscire dall’euro.
Mentre nella narrativa tedesca i tassi negativi “espropriano” i risparmi dei cittadini, nell’analisi di Wolf viene evidenziato un altro punto che Berlino ignora: “Nell’ultimo trimestre del 2015 la domanda reale dell’Eurozona era inferiore del 2% rispetto a quella del primo trimestre del 2008, negli Stati Uniti, invece, è stata superiore del 10%”. Pertanto, “la Bce sta giustamente prevenendo una spirale nella deflazione, in un’economia che soffre di una domanda debole cronica”.
Wolf si spinge oltre, però, sostenendo che non ci sia alcuna “riforma strutturale” in grado di risolvere questo problema, anzi: dopo le riforme del mercato del lavoro in Germania ciò che si è osservato è che il Paese ora non riesce ad assorbire quasi un terzo dei suoi risparmi a livello domestico, nonostante i tassi rasoterra; mentre “nel 2000, prima delle riforme che tagliarono il costo del lavoro e i redditi dei lavoratori, le imprese tedesche investivano più dei loro utili. Ora è vero il contrario”.
In breve, la Bce con le mosse espansive è riuscita a risollevare la domanda del 4% rispetto al primo trimestre del 2013 e a riportare l’inflazione ‘core‘ all’1%; questo per Wolf è un successo e non c’è ragione per non continuare in questa direzione. Con o senza l’ok di Berlino.