ROMA (WSI) – Il governo Renzi, che non è riuscito ad aspettare nemmeno un giorno intero prima di sfruttare la scusa della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Ue che pone seri rischi per il comparto bancario italiano, per chiedere un piano di salvataggio del settore da 40 miliardi di euro.
Renzi cercava di ottenere sei mesi di aiuti attingendo dalle risorse del fondo Salva Stati europeo, in modo da rafforzare i capitali delle banche senza dover chiedere agli investitori di condividere le perdite del piano di salvataggio. Oltre agli aumenti di capitale, tra le opzioni si parla di uso di fondi, garanzie e bond. Il piano doveva essere già approvato entro fine settimana.
Come una ricapitalizzazione del genere non sarebbe stata fatta passare come aiuti di Stato non è ben chiaro. Alla fine si tratterebbe di servirsi di fondi pubblici, una cosa che non è permessa dalle norme Ue e della Bce attuali, che vietano i bailout statali delle banche insolventi.
L’obiettivo del governo italiano è quello di non attivare il meccanismo di bail-in, in modo da risparmiare obbligazionisti, azionisti e correntisti non assicurati. Tuttavia il problema non si porrà nemmeno e a questi quesiti non serve più dare una risposta dal momento che la Germania ha già detto no al programma.
L’Italia sperava di ottenere il lasciapassare dall’Eurozona, ma non ha tenuto conto del fatto che la Germania si oppone sempre a qualsiasi tentativo di risparmiare dalle perdite gli investitori delle banche private. E il piano non ha convinto nemmeno le autorità europee.
Il governo della Cancelliera Angela Merkel sostiene che le leggi dell’Unione Europea in materia di gestione delle crisi bancarie si devono applicare in un tentativo di salvataggio in cui azionisti e obbligazionisti devono pagare e non i contribuenti. Solo se i soldi non sono sufficienti allora anche dei soldi pubblici possono essere iniettati.
Il maxi piano di Renzi sembra destinato ad andare in fumo solo perché c’è una nazione che può imporre il veto al bailout delle banche italiane in crisi, con 200 miliardi di euro di sofferenze a bilancio. Juncker e gli altri leader europei che si erano espressi in merito finora sembravano ottimisti.
La Germania dice che la risoluzione e direttiva per il salvataggio delle banche va applicata anche in questo caso. Vale a dire regime del bail-in. La procedura di aiuti pubblici straordinaria scatta “solo se una banca sta facendo crac o farà con tutta probabilità default e perciò rende necessario adottare una risoluzione” d’emergenza, stando ai documenti dell’European Banking Authority.
Le banche italiane più travagliate sono in un vicolo cieco. Non possono aumentare i loro livelli di capitale perché la Bce chiede di rispettare le richieste di avere cuscinetti di capitale più grandi e adeguati. In alcuni casi significa grosse infusioni fresche di denaro.
La crisi bancaria nel frattempo sta diventando esplosiva in Italia, dopo che migliaia di correntisti e piccoli risparmiatori hanno visto depauperati i loro averi dopo che alla fine dell’anno scorso quattro banche regionali sono state salvate con il regime di bail-in introdotto in Europa dal primo gennaio.
Si parla sempre di obbligazionisti junior, ma si tratta piuttosto di piccoli risparmiatori che non sono mai stati messi al corrente dei rischi che correvano investendo in quella o quell’altra banca regionale.
Il governo tedesco non è del parere che la Brexit sia da ritenere una “circostanza eccezionale” come invece tentava di fare Renzi. Secondo le leggi Ue, un governo può ottenere aiuti pubblici per una società del suo paese solo in queste occasioni “speciali”.
Il che significa che l’Europa avrà bisogno di una crisi ancora più grave perché l’Italia possa ricorrere al piano Salva banche da 40 miliardi prima che sia troppo tardi.