Economia

Germania, perché l’economia frena così tanto

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I dati sui PMI relativi al mese di agosto hanno rivelato un settore manifatturiero in Germania particolarmente debole, sebbene sia leggermente migliorato rispetto al mese precedente. Ciò è dovuto principalmente all’allentamento delle catene di fornitura a fronte dell’indebolimento della domanda di manufatti in tutto il mondo. Questa dinamica sta colpendo particolarmente le economie orientate alle esportazioni come appunto l’economia tedesca.

I numeri PMI

L’indice Flash Germany Composite PMI sulla produzione è rimasto su un percorso discendente a 44,7 punti nel mese di agosto (48,5 precedente), scendendo per il quarto mese consecutivo. Ricordiamo che una numero inferiore a 50 punti, indica una contrazione dell’economia. Il settore manifatturiero ha registrato un calo della produzione (indice a 39,7) portandosi sui minimi da tre anni. Nella contrazione si è aggiunto anche il settore dei servizi, dove l’attività economica è diminuita per la prima volta in otto mesi e nella misura maggiore da novembre 2022 (indice a 47,3).

 

Secondo il sondaggio di S&P Global, le imprese tedesche sono rimaste pessimiste riguardo alle future prospettive a causa dell’aumento dei tassi di interesse, l’incertezza dei clienti e l’elevata inflazione, che continuano a pesare sulla domanda di beni e servizi. In particolare, l’indagine ha mostrato un aumento delle pressioni inflazionistiche, guidato dall’accelerazione dei costi e dei prezzi nel settore dei servizi.

Germania, i motivi del rallentamento economico

Sempre secondo l’indagine del S&P Global, uno dei motivi principali per la frenata dell’economia tedesca è dovuta alla “debolezza della domanda globale, soprattutto da parte della Cina, è quindi più probabile che il PMI manifatturiero dell’area euro rimanga molto debole nel terzo e quarto trimestre 2023.” Come è avvenuto ogni mese da maggio ad oggi, gli ultimi dati dell’indagine hanno mostrato una riduzione degli afflussi totali di nuovi affari nel settore privato in agosto.

Si tratta del calo più significativo della domanda da maggio 2020, a causa del crollo dei nuovi ordini nel settore manifatturiero insieme alla riduzione delle scorte da parte dei clienti e la reticenza agli investimenti. Anche i nuovi ordini nel settore dei servizi sono diminuiti con il ritmo più rapido registrato da novembre del 2022, a causa della riluttanza da parte dei clienti e la compressione dei budget sia delle famiglie che delle imprese.

“Fino ad oggi, la tenuta del PMI dei servizi, rispetto alla debolezza del settore manifatturiero, aveva fatto sperare in un atterraggio morbido dell’area euro, nonostante la stretta monetaria della Bce. Commenta in una nota Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price. “Ma il calo odierno del PMI dei servizi conferma che l’area euro sta scivolando verso la recessione. Sulla base delle rigide condizioni macrofinanziarie create dalla Bce con il suo rapido inasprimento della politica monetaria, ritengo che il PMI dei servizi continuerà a peggiorare per tutta l’estate.”

Anche il lavoro manuale presso le imprese manifatturiere è diminuito in maniera particolarmente marcata, il che ha a sua volta frenato la disponibilità ad assumere nuovo personale e ha comportato una diminuzione del numero della forza lavoro in fabbrica. Di conseguenza la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore si è praticamente arrestata, il che significa che l’occupazione totale è rimasta sostanzialmente invariata nel mese.

Fronte pressioni inflazionistiche

Sul fronte dei prezzi, ad agosto i tassi di inflazione dei costi di produzione e dei prodotti finali sono aumentati per la prima volta rispettivamente in 11 e 7 mesi, spinti in parte da un aumento dei prezzi del carburante. A causa di un forte calo prolungato dei prezzi di acquisto del settore manifatturiero, il tasso complessivo di inflazione dei costi di produzione è rimasto al di sotto della sua media di lungo periodo, nonostante abbia raggiunto i massimi di tre mesi. Tuttavia, secondo S&P Global, ciò ha mascherato il forte aumento delle spese operative affrontate dalle aziende del comparto dei servizi, che non solo hanno citato il costo più elevato del carburante, ma hanno anche dovuto sostenere delle pressioni salariali.

Cosa farà la BCE?

A causa della debolezza dei dati sull’attività, i mercati monetari valutano solo il 40% di probabilità di un rialzo della Bce a settembre. Scrive Wieladek. Tuttavia, secondo lui, i mercati monetari hanno reagito solo ai dati principali sull’attività e quindi hanno probabilmente ignorato gli sviluppi dei prezzi, che sono altrettanto importanti per la funzione di reazione della Bce.

Ricordiamo che l’indice flash dell’Eurozona, PMI composito in agosto è sceso a 47 punti, in calo rispetto al precedente 48,6 punti (la previsione era 48,5 punti), ancora al di sotto della soglia dei 50 punti, che indica una crescita. Anche l’attività dei servizi Pmi dell’Eurozona si è ridotta ad agosto per la prima volta dalla fine del 2022 a 48,3 punti, in calo rispetto al precedente 50,9 punti (previsione 50,5 punti).

Secondo l’analista di T. Rowe Price, “nonostante questi chiari segnali che indicano che l’attività dell’area euro sta scivolando verso una recessione, la Bce continuerà a inasprire la politica monetaria a settembre. “Infatti, dopo la riunione di luglio, i dati sull’inflazione core CPI si sono rivelati più vischiosi del previsto, le aspettative di inflazione dei mercati finanziari hanno raggiunto un livello record e i professionisti delle stime hanno rivisto al rialzo le loro aspettative di lungo termine per l’inflazione core CPI. Allo stesso tempo, l’indagine della Bce sui consumatori,” prosegue Wieladek, “mostra che l’aspettativa di inflazione a 3 anni è scesa dal 2,5% di maggio al 2,3% di giugno.