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Gestori, l’Europa batte USA nel campo ESG. Ecco i migliori e peggiori

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Secondo il report di FinanceMap, intitolato “Asset Managers & Climate Change 2023“, i più grandi gestori patrimoniali del mondo sono ancora lontani dal raggiungimento degli impegni relativi alle politiche ESG, nonostante gli ambiziosi obiettivi circa la riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2050. Gli sforzi da parte dei gestori patrimoniali nei confronti alla lotta climatica, in forte crescita nel 2021, sono invece notevolmente diminuiti nel periodo 2022-23.

In particolare, la ricerca rileva come 45 dei più grandi gestori patrimoniali del mondo non compiono dal 2021 progressi significativi sugli obiettivi climatici, andando a deludere gli ambiziosi traguardi definiti attraverso l’iniziativa Net Zero Asset Managers.

Vale la pena specificare che il report di FinanceMap assegna un punteggio alle 45 più grandi società globali di gestione patrimoniale sulla base di tre criteri: analisi del portafoglio azionario, gestione delle società partecipate e impegno in una politica finanziaria sostenibile.

Gestori, rallentano gli sforzi negli investimenti ESG

La ricerca rileva un ammorbidimento della lotta al cambiamento climatico in ambito finanziario, che coincide con alcune azioni compiute dagli stati degli Stati Uniti per limitare gli investimenti “woke” ovvero consapevoli sotto punto di vista della sostenibilità e i criteri ESG – Environmental, Social e Governance.

Secondo il report, i gestori patrimoniali con sede negli Stati Uniti sembrano aver ulteriormente ridotto gli sforzi, in particolar modo i loro impegni con società “inquinanti” in cui, come detentori dei titoli, potrebbero votare nelle assemblee degli azionisti sostenendo così politiche più sostenibili.

Inoltre, la ricerca evidenzia che i fondi dei gestori patrimoniali più grandi del mondo investono in società disallineate con gli obiettivi “net zero”. La ricerca è stata in grado di analizzare 16,4 trilioni di dollari di portafogli di fondi azionari dei gestori patrimoniali. Dai portafogli valutati, il 95% risulta disallineato rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

USA e Giappone i peggiori

L’Asset Managers and Climate Change 2023 rileva, inoltre, che le principali società di investimento statunitensi e giapponesi tra cui BlackRock, Fidelity, State Street e Vanguard – sono ancora più indietro rispetto alle loro controparti europee negli sforzi di ridurre le emissioni di CO2, rispetto a qualche anno fa.

Nello specifico, all’interno del campione valutato, l’analisi rileva che i gestori patrimoniali detengono 2,8 volte più valore azionario nelle società di produzione di combustibili fossili pari a 880 miliardi di dollari rispetto agli investimenti verdi, che ammontano a 309 miliardi di dollari.

I portafogli di fondi azionari particolarmente negativi includono Mitsubishi UFJ Financial Group, Sumitomo Mitsui Financial Group, Daiwa Securities e BNY Mellon. Mentre i fondi azionari di Goldman Sachs e State Street sono i più esposti alla catena del valore della produzione di combustibili fossili, entrambi con un’esposizione al settore 2,2 volte superiore rispetto al gestore patrimoniale medio.

“I dati mostrano che nonostante le promesse, la maggior parte dei gestori patrimoniali non sta camminando nella giusta direzione quando si tratta di usare la propria influenza per guidare il vero cambiamento nelle società partecipate e nella politica finanziaria sostenibile”, ha affermato Daan Van Acker, Program Manager di FinanceMap.

I punteggi in calo tengono traccia delle azioni di alcuni dei più grandi sostenitori dei portafogli di investimento “green”, come BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo con oltre 8 trilioni di dollari di asset in gestione (AUM). Ricordiamo che è stato proprio il CEO di BlackRock, Larry Fink, a dedicare una lettera annuale agli azionisti nel 2020 con focus sugli investimenti sostenibili. All’epoca, definì il contenimento del cambiamento climatico “l’opportunità di investimento della sua vita” e quella che avrebbe fornito rendimenti migliori nel tempo rispetto al mantenimento dello status quo a favore dell’energia tradizionale.

Europa in cima nel campo ESG

Mentre i gestori patrimoniali europei sembrano invece sovraperformare rispetto alle loro controparti statunitensi. Il report nomina nello specifico: Natixis, Schroders Asset Management e BNP Paribas Asset Management, che hanno ricevuto punteggi positivi sotto l’esame Portfolio Paris Alignment.

Nel dettaglio, Schroders e BNP Paribas Asset Management hanno entrambi un’esposizione agli investimenti verdi 2,7 volte superiore rispetto al gestore patrimoniale medio. Un dato in forte contrasto con i grandi gestori patrimoniali statunitensi e giapponesi, che continuano a dimostrare punteggi di allineamento con il Portfolio Paris Alignment inferiori alla media.

In altre parole, secondo quanto rileva il report, la più solida gestione della lotta al clima continua a provenire dai gestori con sede in Europa, come Legal & General Investment Management, UBS Asset Management e BNP Paribas Asset Management Federated Hermes. Tutti mostrano una chiara evidenza di impegno con le aziende sulla transizione dei modelli di business e sono membri attivi di Climate Action 100+ (CA100+).