Il primo ministro del Giappone Fumio Kishida ha approvato un pacchetto di misure per attutire gli effetti dell’inflazione, che comprende tagli alle tasse e che mira a rilanciare la crescita del paese. Il governo ha approvato misure che varranno più di 17mila miliardi di yen (113 miliardi di dollari), compreso l’impatto dei tagli fiscali e altri costi. Secondo l’ufficio di gabinetto, circa 13,1 trilioni di yen di spesa saranno finanziati attraverso un budget aggiuntivo.
Il pacchetto è l’ultimo tentativo di Kishida di placare gli elettori critici nei confronti della sua gestione dell’inflazione. La crescita dei prezzi, la più rapida degli ultimi decenni, ha infatti superato gli aumenti salariali.
Da cosa è composto il pacchetto
Kishida in una conferenza stampa giovedì ha detto:
Non abbiamo ancora raggiunto un ciclo virtuoso di crescita. Il problema più grande che abbiamo è che i salari non sono riusciti a tenere il passo con l’inflazione
Parte fondamentale del pacchetto sono gli sgravi fiscali sul reddito e sull’abitazione per un valore di 3,5 trilioni di yen e gli aiuti aggiuntivi per le famiglie a basso reddito, oltre ad agevolazioni fiscali per le imprese che investono in aree considerate strategicamente importanti. Inoltre, il pacchetto comprende un taglio fiscale temporaneo di 40.000 yen (266 dollari) a persona a partire dal prossimo giugno e pagamenti di 70.000 yen (465 dollari) alle famiglie a basso reddito, nonché sussidi per la benzina e le bollette. Includendo la spesa dei governi locali e i prestiti garantiti dallo Stato, la dimensione del pacchetto ammonterà a 21,8 trilioni di yen.
Si prevede che le misure stimoleranno l’economia dell’1,2% ogni anno per i prossimi tre anni attraverso un incremento di 19 trilioni di yen per l’economia in totale, secondo i calcoli del gabinetto. Si prevede inoltre che ridurranno l’inflazione complessiva di 1 punto percentuale mentre saranno in vigore i sussidi legati all’energia, in gran parte fino ad aprile per ora.
Tagli a tasse e imposte sulle casa, aiuti su benzina e bollette
L’inflazione, causata dall’incremento dei prezzi delle materie prime, ha superato il target del 2% fissato dalla Banca centrale per oltre un anno, mettendo a dura prova la spesa dei consumatori e offuscando le prospettive di un’economia che stenta a riprendersi dagli impatti lasciati dalla pandemia di Covid.
Dato che gli aumenti salariali avvengono troppo lentamente per compensare l’incremento dei prezzi, il primo ministro Kishida ha affermato che il governo cercherà di attenuare l’impatto “restituendo alle famiglie una parte dei previsti incrementi delle entrate fiscali ottenuti grazie a una solida crescita economica“. Tuttavia, gli esperti dubitano che i circa 5.000 miliardi di yen destinati a tagli fiscali e sussidi possano fare molto per stimolare i consumi e la crescita economica del Giappone.
I dubbi del Giappone sull’efficacia di questa misura
Ma non tutti esultano per questo pacchetto anti-inflazione. Takahide Kiuchi, ex membro del consiglio della Banca del Giappone e attualmente economista presso il Nomura Research Institute, prevede che le misure aumenteranno il PIL solo dello 0,19% per l’anno, una misura che non sposterà molto l’economia del paese. “Con l’output gap del Giappone che è diventato positivo tra aprile e giugno, l’economia non ha bisogno di un pacchetto di stimoli”, ha affermato alla Cnbc.
La spesa potrebbe inoltre costringere il governo a emettere più obbligazioni e ad aumentare il crescente debito pubblico del Giappone che, con il doppio delle dimensioni della sua economia, è il più grande tra le principali economie.
A questi dubbi si aggiunge il sondaggio del quotidiano Nikkei di questa settimana, il supporto nei confronti di Kishida ai livelli più bassi da quando il premier è entrato in carica due anni fa, al 33%. Secondo il giornale, circa due terzi degli intervistati ritengono inappropriati i piani di riduzione dell’imposta sul reddito contenuti nel pacchetto.
Il pacchetto arriva in un momento in cui Kishida deve ancora chiarire come finanzierà iniziative altre questioni, come l’aumento della spesa per la difesa e il contrasto al calo del tasso di natalità.