ROMA (WSI) – I 35enni di oggi potranno andare in pensione a 70 anni a patto di avere alle spalle un’anzianità contributiva sufficiente, cosa non da poco considerando la precarietà che oggi affligge il mondo del lavoro.
A dirlo il presidente dell’Istat Giorgio Alleva nel corso di un question time alla Camera. A rimarcare la situazione previdenziale futura non certo rosea per le giovani generazioni è anche il presidente dell’Inps Tito Boeri il quale ha sottolineato come oggi chi ha meno di 40 anni, avrà una pensione molto più bassa di quella dei propri genitori.
Da qui l’idea dello stesso presidente dell’Inps per cui lo Stato anticipi parte dei contributi ai giovani che iniziano a lavorare. Da qui lo scontro con i sindacati. Se per questi ultimi infatti la battaglia da portare avanti riguarda il blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile in base alle aspettative di vita – il che significa che l’età minima per la pensione di vecchiaia dovrebbe aumentare dai 66 anni e 7 mesi, in vigore per tutte le categorie di lavoratori dal 2018, a 67 anni a partire dal 2019 – per Boeri tale blocco non è affatto una misura a favore dei giovani.
“Anzi, significherebbe scaricare sui nostri figli e sui figli dei nostri figli i costi di questo mancato adeguamento”.
Il numero uno dell’Istituto di Previdenza sociale ha così avanzato l’idea di defiscalizzare una componente dei contributi previdenziali all’inizio dell’attività lavorativa per chi viene assunto a tempo indeterminato:
“Una misura che, al contrario di molte di quelle proposte nella cosiddetta fase due del confronto governo-sindacati sulla previdenza, opererebbe un trasferimento dai lavoratori più anziani e dai pensionati verso i giovani e assicurerebbe sin d’ora uno zoccolo minimo di pensione a chi inizia a lavorare, oltre a incoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato (…) sarebbe opportuno riconsiderare il regime dei contratti a tempo determinato e intervenire per quanto riguarda il cumulo delle posizioni assicurative nelle casse previdenziali”.