Gli italiani investono poco, nonostante l’inflazione. Ma la consulenza resta importante
Tenere il denaro fermo sui conti correnti ha numerosi svantaggi, specie in un periodo come quello attuale che stiamo vivendo, con l’inflazione che corre più veloce che mai ed erode la liquidità sui conti correnti. Fatto sta che oggi la maggioranza degli italiani continua a non investire i propri risparmi. Un dato sconfortante che arriva dall’ultima ricerca di Moneyfarm, società fintech internazionale di investimento con approccio digitale, insieme a Dectech, società specializzata in studi comportamentali nata alla Warwick University.
Non solo inflazione
La guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica hanno, infatti, complicato uno scenario già duramente compromesso dalla crisi delle materie prime: il mese di giugno si è chiuso con un incremento su base annua del dato di inflazione dell’8,1%, contro l’1,3% dello stesso mese del 2021, superando ampiamente le stime, già poco rosee, degli analisti. L’attuale contesto di elevata volatilità non aiuta di certo i risparmiatori italiani ad avvicinarsi ai mercati finanziari, nonostante l’impatto significativo che la costante risalita inflattiva avrà sul carovita e sui risparmi. Andrea Rocchetti, head of investment advisory di Moneyfarm, ha commentato:
“L’attuale fase di volatilità dei mercati non deve scoraggiare quanti vogliano avvicinarsi al mondo degli investimenti, ma deve necessariamente far riflettere sull’importanza di una consulenza professionale, indipendente e trasparente, che sia in grado di comprendere le esigenze del risparmiatore, di guidarlo oltre il breve periodo senza cedere alla tentazione di agire sull’onda dell’emotività, per accrescere il capitale in un orizzonte di lungo termine, attraverso soluzioni di investimento diversificate e dai costi contenuti. La fiducia nella consulenza finanziaria va alimentata tramite un contatto costante con i clienti, contatto che ha ancora più valore quando supportato al meglio dalle nuove tecnologie”.
L’indagine evidenza che gli investitori più propensi a rischiare tendono ad essere più sicuri del portafoglio che hanno scelto. Quali forme di investimento si privilegiano? Quelle fai-da-te rappresentano una scelta avveduta solo per gli investitori già esperti, mentre la clientela meno finanziariamente alfabetizzata e più vulnerabile appare disorientata quando vi ricorre, con un 55% degli intervistati che ha irragionevolmente scelto il portafoglio più rischioso.
L’importanza della consulenza finanziaria
Le probabilità di scegliere un portafoglio coerente con la propria propensione al rischio e il proprio orizzonte temporale sembrano essere 2,2 volte maggiori per i risparmiatori che investono attraverso soluzioni ibride, cioè che integrano tecnologia e consulenza tradizionale, mettendo un consulente a disposizione del cliente durante tutto il percorso di investimento, rispetto a chi sceglie soluzioni di investimento fai-da-te (il 30% dei primi sceglie il portafoglio consigliato contro solo il 14% dei secondi). La situazione sembra essere più critica per i meno abbienti, che hanno maggiori probabilità di rinunciare del tutto ad investire rispetto a quelli che appartengono alla categoria “high affluent” (la percentuale di “low affluent” che non sottoscrive alcun portafoglio è quasi doppia rispetto a quella degli “high affluent” sia per le soluzioni di investimento ibride, 41% contro il 21%, sia per le soluzioni di investimento tradizionali, 45% contro 24%, sia per quelle fai-da-te 55% contro 27%) e per quelli più avversi al rischio, che hanno maggiori probabilità di incorrere in una decisione di investimento sbagliata. Per gli intervistati, i principali ostacoli all’investimento sembrano essere l’insufficienza delle informazioni disponibili sui prodotti finanziari (27%) e la volontà di confrontarsi con un consulente prima di prendere una decisione di investimento (27%). Proprio l’assenza di un rapporto personale diretto con un esperto, in grado di rassicurare i clienti e di migliorare il processo decisionale, rappresenta una delle barriere all’investimento con una piattaforma fai-da-te più frequentemente indicate dagli intervistati (27%), insieme alla rischiosità dei portafogli (18%).
Il problema dei costi
Nella scelta di una soluzione di investimento, un ruolo fondamentale è, inevitabilmente, quello giocato dai costi, che sono indicati dagli intervistati come barriera all’investimento soprattutto con una piattaforma tradizionale (20%), meno con soluzioni ibride (13%) e ancora meno con un servizio fai-da-te (7%). Il miglior rapporto qualità-prezzo si riflette anche sul tasso di finalizzazione degli investimenti, che risulta maggiore quando l’investimento viene effettuato tramite soluzioni ibride (88%) o tramite piattaforme fai-da-te (85%), rispetto alle più costose forme di investimento tradizionali (75%).