A preoccupare gli italiani sulla possibile carenza di gas nell’eventualità di un inverno tardivo sono i continui tagli di forniture verso l’Europa da parte di Mosca. Gli italiani dovranno far fronte a questo peggioramento delle condizioni congiunturali sia sul piano economico, che pratico. Se le istituzioni europee non riusciranno ad adottare tempestivamente misure di emergenza, si renderà necessario razionare gli stoccaggi e superare l’inverno con piccoli sacrifici, come l’abbassamento già annunciato di un grado e di un’ora al giorno dei riscaldamenti in case, uffici, fabbriche. Ma anche fare attenzione a tenere accese meno luci e fare docce non troppo lunghe.
L’Europa è già al lavoro sul piano energetico. Raggiunto l’obiettivo di riempimento delle scorte, gli occhi sono puntati al 9 settembre, quando si riunirà il prossimo vertice europeo a Praga, dove i ministri dei 27 dovranno trovare un accordo sul tetto al prezzo del gas. La presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen ha precisato a inizio settimana che i ministri discuteranno anche di un nuovo modello di mercato per l’elettricità. L’intenzione è quella di slegare il prezzo dell’elettricità da quello del gas.
Le misure allo studio in Italia per fronteggiare la crisi del gas
Anche in Italia il Governo è al lavoro sul nuovo decreto aiuti: allo studio aiuti diretti alle imprese ad alto consumo di gas e per le famiglie a basso reddito; il potenziamento dei crediti d’imposta a tutte le aziende; lo spegnimento delle insegne dei negozi dopo le 23 e la riduzione dell’illuminazione pubblica fino al 40%; un posticipo di sette giorni dell’accensione dei riscaldamenti in autunno e un anticipo dello spegnimento, sempre di sette giorni, in primavera. Addirittura, si sta valutando la possibilità di far scattare almeno due mesi di smart working per tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione in caso di emergenza massima.
GNL: cos’è?
Nel frattempo, il Belpaese dovrà accelerare la ricerca di fonti energetiche alternative per sostituire i legami con la Russia. Tra queste si conta il GNL, cioè il gas naturale liquefatto, prodotto raffreddando il gas naturale fino a una temperatura al di sotto del suo punto di ebollizione, di circa 162° C, che lo trasforma appunto da stato gassoso a stato liquido. La procedura prevede interventi di purificazione e condensazione del gas estratto, fino a ottenere un liquido inodore e incolore composto dal 99% da metano e da piccole parti di etano, butano e propano. Considerando che, con il processo di condensazione del gas, il suo volume si riduce di 600 volte, la liquefazione permette di immagazzinare una notevole quantità di energia in uno spazio assai inferiore. Questo significa che ci vogliono 600 litri di gas metano per ottenerne un litro in forma liquida. Il GNL inoltre non è infiammabile, pertanto è molto più sicuro rispetto al gas naturale.
Una volta consegnato al destinatario, il GNL viene riconvertito nella fase gassosa nei cosiddetti impianti industriali di rigassificazione, che possono essere sia rigassificatori terrestri che strutture offshore, note come unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione o FSRU (acronimo anglosassone). La procedura avviene semplicemente aumentando la temperatura del GNL, attraverso fasci di tubi e cisterne che permettono gli scambi termici, fino all’inserimento del gas naturale nella rete di distribuzione.
Un confronto tra GNL e gas
Mentre il GNL viene trasportato principalmente via navi cisterna in serbatoi criogenici, il gas naturale utilizza i gasdotti. Anche il prezzo delle due materie prime è diverso: il GNL ha un costo del 20-30% superiore al classico gas metano, il cui prezzo si aggira al momento della redazione di questo articolo intorno ai 238 euro per megawattora (fonte: TTF).
Infine, le due materie prime si differenziano per provenienza geografica: i principali produttori al mondo di GNL sono gli Stati Uniti, il Qatar, l’Australia, la Russia stessa, la Nigeria ed anche la Malesia. In Italia il GNL può essere rigassificato in 3 terminali: Panigaglia (Liguria), Porto Viro (Veneto) e Livorno/Pisa (Toscana). Entro i prossimi 3 anni potrebbero esserne aperti altri a Piombino, Gioia Tauro e Porto Empedocle.
I principali produttori di gas naturale invece sono 94, con in testa gli Stati Uniti, la Russia, l’Iran, il Qatar, il Canada, la Cina, la Norvegia, l’Arabia Saudita, l’Algeria e il Turkmenistan.
L’Italia riesce a produrre internamente solo poco più del 5% del fabbisogno di gas naturale; importa il rimanente grazie agli impianti di Tarvisio (Friuli-Venezia-Giulia) dalla Russia, di Mazara del Vallo e Gela (Sicilia) rispettivamente dall’Algeria e dalla Libia, di Melendugno (Puglia) dall’Azerbaijan e di Passo Gries (Piemonte) da Norvegia e Olanda.