Mentre volge al termine febbraio, un mese che ha ricordato agli investitori dei rischi dietro l’angolo di eventuali schock provocati dai timori di una reflazione e da un repentino ritorno della volatilità , l’azionario mondiale sta guadagnando terreno nella prima seduta della settimana. Goldman Sachs, tuttavia, ha avvertito che le Borse potrebbero perdere un quarto della loro capitalizzazione se dovesse materializzarsi un evento in particolare.
Non è una novità che le prospettive di un rialzo dei tassi continuano ad assillare le menti degli investitori: è così da quando il rendimento decennale del Tesoro Usa ha raggiunto i massimi di quattro anni. Se dovesse essere valicata la soglia del 3%, che è ormai a distanza ravvicinata, l’azionario potrebbe iniziare a traballare. Ma il vero impatto negativo per le Borse ci sarebbe, secondo gli analisti, solo nel caso venissero toccate percentuali ben più alte.
“I ritorni da investimento più alti per l’indice S&P 500 si sono visti quando i rendimenti decennali hanno oscillato tra il 2 e il 3%, in particolare quando i tassi sono cresciuti”, osserva l’analista di Bank of America Merrill Lynch Savita Subramanian. “Anche se la media storica dei ritorni da investimento resta positiva sull’azionario fino a quando i tassi di interesse superano il livello del 6%, la probabilità di perdere soldi inizia a incrementare dal momento in cui i tassi oltrepassano il 3%”.
Il valore che se raggiunto entro fine anno per Goldman Sachs potrebbe danneggiare fortemente il listino azionario Usa – e di riflesso le Borse mondiali – è 4,5%. Lo scenario di base della banca americana rimane quello del 3,25%, ma con quattro rialzi dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve che sono diventati una possibilità sempre più realistica, Goldman Sachs non esclude che l’esito per i mercati possa essere molto più negativo.
Se fosse davvero così, la rotazione dei portafogli in uscita dall’azionario e in entrata nell’obbligazionario sarebbe massiccia. “Un incremento dei rendimenti al 4,5% entro fine anno provocherebbe un ribasso del 20-25% per i prezzi dell’azionario”, stima in una nota ripresa da Bloomberg l’economista della banca Daan Struyven. Un tale contraccolpo riporterebbe l’indice S&P 500 sui 2.155 punti e i rialzisti con i piedi per terra.