A giudicare dalla reazione dei mercati all’ultima riunione di politica monetaria della Federal Reserve, con il dollaro in difficoltà, ma l’azionario e i bond in salita, Goldman Sachs e RBC temono che Janet Yellen abbia ormai perso il controllo dei mercati. Il chief economist di The Firm Jan Hatzius teme che i mercati stiano mal interpretando le parole della Fed e la conferenza stampa di Yellen, le quali non dovevano essere la “sorpresa accomodante” che gli investitori pensano che sia.
La Fed ha alzato i tassi di 25 punti base come previsto ma non prevede più di altri due, massimo tre, rialzi quest’anno e tre strette monetarie nel 2018. Il mercato stima che la visione sia pertanto accomodante e l’atteggiamento più da colomba del previsto. La Borsa ha ripreso a correre, mentre il dollaro è in difficoltà. Ancora più sorprendente, secondo Goldman Sachs, è il fatto che le condizioni finanziarie si siano allentate in maniera significativa, “quasi come se ci fosse stato un taglio dei tassi della Fed”.
In altre parole la Fed che ha alzato i tassi dello 0,25% ha avuto lo stesso effetto di un taglio di 25 punti base. Ai livelli attuali, le condizioni finanziarie sono destinate a dare un contributo positivo notevole alla crescita nel 2017, e aiutano a ottenere una piena occupazione e una inflazione vicina agli obiettivi di Yellen e colleghi.
In vista delle politiche di alleggerimento fiscale e di investimenti pubblici nelle infrastrutture a cui ambisce Donald Trump, un surriscaldamento dell’economia è proprio quello che Yellen vorrebbe evitare con il suo nuovo ciclo di rialzi dei tassi. Hatzius avverte che il braccio di politica monetaria della Fed “apporterà un numero più alto di strette monetarie di quello che viene scontato nel mercato dei Bond”.
Questo rischia di “scatenare l’inferno”, come ha avvisato Bill Gross, il guru dei Bond gestore di Janus Capital. L’economista della banca americana ammette di essere rimasto sorpreso dalla reazione dei mercati al rialzo dei tassi della Fed. La direzione dei mercati in generale ha anche senso, ma l’ampiezza dei rialzi di Borsa e dei Bond “ci ha spiazzato”. Il mercato, secondo i modelli di calcolo di Goldman Sachs ha reagito come se ci fosse stata la terza sorpresa “accomodante più grande dal 2000” a oggi, per lo meno se si esclude il periodo della crisi finanziaria.
Fed e analisti spiazzati da reazione mercati
“Quasi certamente nemmeno la Fed si aspettava un simile risultato” sui mercati, secondo Hatzius. Goldman Sachs non è la sola a essere preoccupata per un simile sviluppo. Anche la banca RBC Capital Markets ha dichiarato che la Fed ora è costretta a rimediare all’interpretazione sbagliata dei mercati”, convinti che l’atteggiamento della banca centrale sia stato accomodante. Lo scrive Charlie McElliggott, head of cross-asset strategy della banca, secondo cui Yellen ora pensa che la risposta dei mercati sia stata esageratemente positiva e sarà quindi obbligata a ricorrere a una retorica da falco nelle prossime settimana e nei prossimi mesi.
Il risultato sarà un balzo della volatilità sui mercati. Non sorprenderebbe vedere uno dei membri del board dire che, avendo come mandati originali quello dell’inflazione e dell’occupazione sotto controllo, ora la Fed è pronta a raggiungerne un terzo di obiettivo, quello della stabilità preventiva dei mercati. Facendo cenno a un quarto rialzo dei tassi nel 2017, la Fed potrebbe riuscire a frenare la corsa dei mercati azionari, che negli Stati Uniti scambiano su valori esagerati rispetto alle reali condizioni dell’economia e degli utili societari.
Nicolas Forest, Global Head of Fixed Income Management di Candriam Investors Group, gli dà ragione, sottolineando come il rialzo dei tassi deciso a marzo non rappresenta nessuna sorpresa, pur restando comunque “un vero cambiamento”. In fondo la Fed ha accelerato il passo, prevedendo tre/quattro rialzi nel corso dei prossimi mesi e non più solo tre, ma il mercato non ha percepito grandi variazioni di direzione nella strategia politica di Yellen.
Un calendario di questo tipo è motivato, secondo l’analista, “dal dissiparsi dei rischi esterni, dalla buona tenuta della creazione di posti di lavoro e da una tendenza al rialzo dell’inflazione Usa. Benché lo stimolo fiscale di Trump resti molto incerto, il rialzo dell’inflazione è sufficientemente solido per giustificare una normalizzazione monetaria. È difficile stimare oggi il tasso naturale di politica monetaria. Secondo una regola standard di Taylor, il tasso direttore dovrebbe essere vicino al 3,50%. Uno scarto del 2,5% rispetto al tasso attuale non è oggi sostenibile e dovrebbe condurre la Fed a tornare a un livello intorno al 2% nel corso dei prossimi 18 mesi”.
“È stato del resto lo scopo del suo discorso (di Yellen), che malgrado tutte le precauzioni necessarie, ha rafforzato la probabilità di nuovi rialzi: parole rassicuranti per giustificare una politica di inasprimento. Nel corso dei prossimi mesi, la normalizzazione monetaria americana dovrebbe continuare a pesare sulla performance delle obbligazioni Usa (soprattutto su quelle con short maturity). Essa potrebbe inoltre penalizzare a lungo termine le famiglie, che solo uno stimolo fiscale dovrebbe salvare dal rallentamento economico. Dopo le parole, è ora tempo di fatti”.