Il rimbalzo delle azioni statunitensi con bilanci meno forti, spinto dalla ripresa dei prezzi delle commodity, è destinato ad avere vita breve: secondo il capo strategist di Goldman Sachs per il mercato azionario Usa, David Kostin, gli investitori stanno trascurando alcuni fattori di primaria importanza. In particolare: le prossime mosse della Federal Reserve e la natura temporanea della ripresa del mercato delle materie prime.
E’ vero, scrive, Kostin, “dal minimo di 26 dollari al barile dell’11 febbraio il petrolio Wti è cresciuto del 44%” e ciò ha fatto “sovraperformare il comparto energetico dello S&P 500 di 265 punti base (12% contro 9%)”. Così com’è vero che nelle ultime settimane il trend che vedeva favorite le aziende con bilanci forti ha invertito fortemente la rotta.
Tuttavia, prosegue Kostin:
“I nostri analisti del settore commodity credono che il rialzo dei prezzi delle materie prime sia prematuro e insostenibile. Sono altresì convinti che un esteso periodo di prezzi bassi sia necessario a forzare quello stress finanziario in grado di causare una riduzione dell’offerta, ribilanciare il mercato e porre le basi per un rally sostenibile”.
Secondo lo strategist della Goldman Sachs, inoltre, il mercato sta sottovalutando, sulla scia del nuovo colpo di bazooka di Mario Draghi, che la Fed si preannunci restrittiva nelle sue politiche monetarie, con i conseguenti rialzi del biglietto verde in arrivo.
“Mentre gli investitori si focalizzano sul petrolio e sulla Bce, trascurano il più grosso fra i rischi macro, che riguarda la Fed”, afferma Kostin, “i nostri economisti si aspettano tre rialzi da 25 punti base nel corso del 2016 […] il mercato ha rigettato questa previsione. I Fed future attualmente implicano un probabilità inferiore al 50% in merito a un rialzo in giugno e solo due rialzi entro la fine del 2017”.
Secondo gli strategist valutari della Goldman la politica monetaria divergente fra Fed e Bce-Boj dovrebbe spingere il dollaro dell’8% entro l’anno. Con una importante implicazione: il ritorno di slancio per le azioni con bilanci più solidi. Quest’ultime avevano sovraperformato le aziende più indebitate nel momento un cui il Qe si era concluso, scrive Kostin, “crediamo che questo trend continuerà man mano che la Fed normalizzerà la sua politica”.