L’Italia è, assieme alla Brexit, la principale sorgente di rischio per la ripresa europea: è quanto si legge nel documento di Goldman Sachs Economic Research, dedicato all’andamento dell’economia del Vecchio Continente nel 2019. “Ci aspettiamo che l’Italia flirti con la recessione a cavallo fra 2018 e 2019”, scrivono gli analisti della banca d’affari, prima di precisare le due principali criticità per la Penisola. La prima, che si renda “necessario un maggiore spread Btp-bund per convincere il governo italiano della necessita di un piano fiscale più ortodosso e credibile che abbassi il rapporto debito/Pil”, e, in secondo luogo, “che le ricadute” di questa situazione possano estendersi “oltre i canali commerciali tradizionali” cui l’Italia è legata.
Sul fronte della politica economica, il giudizio di Goldman Sachs è diametralmente opposto a quello del governo: “Il governo italiano ha delineato un allentamento fiscale significativo che, sulla base di precedenti analisi, è improbabile che stimoli la crescita del Pil reale. Riteniamo che sia necessaria una politica fiscale più ortodossa e credibile affinché il debito pubblico italiano possa diminuire, riducendo l’attuale vulnerabilità dell’economia italiana che pesa nella creazione di credito da parte delle banche”. La previsione per il Pil italiano, per il 2019, è allo 0,4%, contro l’1,6% della media dell’Eurozona. Contestualmente l’inflazione italiana dovrebbe passare dall’1,3% all’1,1%, nonostante l’incremento di spesa pubblica previsto dal governo. Anche per l’Eurozona le prospettive peggiorano, con una previsione di crescita abbassata di due decimali all’1,6%.
In tale contesto persino l’ipotesi di elezioni anticipate in Italia viene vista da Goldman Sachs come “un’influenza stabilizzante nel facilitare una necessaria retromarcia nella politica fiscale”. Allo stato attuale, tuttavia “il principale rischio per lo scenario base è che con più pressione” sui tassi d’interesse, “l’Italia potrebbe raggiungere un impasse politico e/o potrebbe essere escluso dai mercati finanziari prima che si verifichi un’inversione di politica economica”. Il timori degli investitori, dunque, potrebbero contribuire a realizzare la loro stessa prospettiva gravando ulteriormente sulla crescita, afferma il rapporto.