MUSCAT (WSI) – Una ferrovia ad alta velocità da oltre cento miliardi di dollari. Un progetto faraonico, in controtendenza rispetto alla recessione mondiale, a cui partecipano sei paesi arabi che si affacciano sul Golfo Persico (Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi e Oman). E che nelle più lusinghiere tabelle di marcia dovrebbe essere realizzato entro il 2017.
A rendere celeri i lavori è l’apocalittico rischio di un attacco missilistico di Israele contro i siti nucleari dell’Iran, che porterebbe al blocco dello stretto di Hormuz e alla paralisi del traffico mercantile marittimo in cui si concentra la maggior parte degli interscambi commerciali. I circa duemila chilometri di strada ferrata correranno lungo la costa (con un ardito ponte che collegherà il Qatar al Bahrein), dal confine settentrionale del Kuwait fino a Salalah (la seconda città dell’Oman non lontana dallo Yemen).
Per il futuro si programma di estendere la rete fino in Turchia attraverso l’Iraq e il Kurdistan. In modo da poter avviare lungo quella linea i traffici da e per l’Europa e l’Asia che oggi transitano principalmente per il canale di Suez.
Il progetto vede in prima linea per l’estensione della sua tratta (quasi mille chilometri) il sultanato dell’Oman che sta già assegnando gli appalti per il segmento Muscat – Barami (frontiera con gli Emirati Arabi). Un ruolo di primo piano svolgerà la Parsons Wodrow, colosso americano del settore, mentre la Italfer concorre per ottenere un subappalto. La ferrovia omanita, che con la costruzione anche di 40 stazioni darà vita a 70 mila posti di lavoro, rientra nel piano di sviluppo delle infrastrutture (prevista entro breve tempo pure l’inaugurazione di quattro nuovi aeroporti) con cui il sultano Qaboos bin Said al Said vuole dare impulso al turismo (spiagge, parchi marini, deserto, vestigia storiche) e diversificare l’economia oggi legata prevalentemente al gas e al petrolio.
Qaboos, 73 anni, al potere dal 1970, è un sovrano assoluto ma illuminato che ha accelerato l’uscita dell’Oman dal Medio Evo facendone una sorta di Svizzera dell’Arabia. Un paese senza grandi tensioni, passato indenne attraverso le contestazioni della primavera araba grazie ai rialzi di salari e alle strette alleanze del governo con le tribù dei beduini che il sultano è solito visitare personalmente.
Con soli tre milioni di abitanti, relativamente benestanti, in un territorio vasto quanto l’Italia. Con una politica estera tesa alla mediazione nella galassia araba. Con un’economia in costante crescita. Con una società che guarda al futuro ma resta legata alle tradizioni, rifiutando il modello di sviluppo aggressivo di Doha (Qatar) e quello spettacolare di Dubai (Emirati Arabi). Con una concezione dell’Islam moderata, che rispetta il ruolo della donna e rifiuta gli estremismi del wahabismo (Arabia Saudita). Con una visione culturale che attira artisti da tutto il mondo e di recente è sfociata nell’apertura di un fantasmagorico teatro dell’opera.
Singolare è poi l’ascesa al potere di Qaboos. Negli anni Sessanta il giovane erede al trono viene inviato per gli studi a Londra, dove si laurea in un’accademia militare. Sono i tempi ruggenti della swinging London e il principino si lascia conquistare dalla rivoluzione musicale dei Beatles. Quando rientra in Oman, introduce clandestinamente a Muscat i dischi dei Fab Four che nel suo paese erano stati messi al bando (come gli occhiali da sole) perché considerati immorali dalla dottrina islamica. Il vecchio sultano è un rigido conservatore che difende i costumi medievali.
L’Oman, cinquant’anni fa aveva solo venti chilometri di strade asfaltate (intorno alla capitale), tre ospedali e una decina di scuole. Il sultano, come mezzo di trasporto, preferiva il cammello all’automobile. Dopo il tramonto, chiudeva ermeticamente con un portone di ferro l’unico valico attraverso cui si poteva accedere al centro della città e sbarrava con le catene anche l’accesso al porto.
Il principe, con le sue “manie” occidentali, viene considerato un pericolo dal padre e spedito in esilio a Salalah. Ma Qaboos non accetta l’emarginazione. Si mette in contatto con un paio di colleghi inglesi dell’Accademia militare e organizza un colpo di Stato incruento che in poche ore depone il genitore. Poi avvia il processo di modernizzazione dell’Oman che diventa la Svizzera del Medio Oriente. Al vecchio sultano viene riservato un trattamento di riguardo: viene esiliato a sua volta con tutte le sue mogli nel piano più alto di un lussuoso albergo londinese, prospiciente Hyde Park. Ma il patriarca, senza i suoi cammelli e i suoi ritmi ancestrali, dopo un paio d’anni muore di crepacuore.