“Google è riuscito dove Gengis Khan, il comunismo e l’esperanto fallirono: domina il mondo. Sebbene le stime varino in base alla regione, l’azienda rappresenta oggi l’87 percento delle ricerche online in tutto il mondo”. Si legge così in un lungo articolo del New York Times Magazine che mette in questione il monopolio nei sistemi per trovare informazioni online esercitato da Google.
Secondo l’autore, sarebbe arrivato il momento per il governo degli Stati Uniti di intervenire per interrompere quello che molti considerano un monopolio dell’azienda Internet, che prospera grazie ai suoi sistemi per vendere e mostrare pubblicità sui siti. L’articolo ricorda la storia del portale Foundem.com, diventata il motore principale che ha portato l’Unione Europea a multare lo scorso giugno Google per 2,4 miliardi di euro, la multa più alta di sempre per un’azienda tecnologica.
I due fondatori del portale, Shivaun Moeran e Adam Raff, volevano produrre un motore di ricerca che effettuasse ricerche approfondite, per rispondere a domande più specifiche e complicate rispetto a Google. Foundem.com venne messo online nel 2006 come un motore di ricerca per lo shopping online che prometteva di trovare i prodotti al miglior prezzo in giro per Internet.
Durante le sue prime 48 ore, Foundem ebbe un afflusso di traffico da parte degli utenti che digitavano le query sui prodotti su Google e altri motori di ricerca. Ma poi il traffico si fermò. Proprio dopo la nascita di Foundem Google diffuse l’aggiornamento dell’algoritmo, “Big Daddy”, che aveva lo scopo di penalizzare i siti con molte sottosezioni e pochi link in entrata, in sostanza i motori di ricerca alternativi come Foundem. La tesi dell’articolo è che “un grande diventa cattivo quando usa il suo dominio non solo per sconfiggere i suoi concorrenti ma anche per estinguere la possibilità che si verifichi la concorrenza”.