Un mercato da 1 miliardo e 400 milioni di internauti che non si vuole lasciar sfuggire. Così Google starebbe preparando il ritorno in Cina dopo esser andata via in malo modo per le crescenti restrizioni della censura imposta da Pechino.
A rivelarlo un documento interno riportato dal sito The Intercept, e poi rilanciata dai quotidiani di mezzo mondo, dal Financial Times al New York Times. Secondo il documento la società di Mountain View sarebbe ora pronta a tornare in Cina con una versione filtrata del motore di ricerca che blocca siti e ricerche su diritti umani, democrazia, religione e le decine e decine di parole chiave che puntualmente le autorità di Pechino aggiungono in una black list, tutti contenuti che il governo ritiene sensibili. Non sarebbe una mera dichiarazione di intenti ma Google avrebbe già preso contatti con Pechino come rivela il documento che si riporta le indiscrezioni fornite da un dipendente del colosso guidato da Sundar Pichai.
Google avrebbe studiato appositamente un mappa di ricerca solo per il mercato cinese che prenderebbe il nome di DragonFly. Tra i contenuti banditi anche quelli di Bbc News e Wikipedia e diverse funzioni di ricerca, non solo testi, ma anche immagini. In caso di via libera, Google potrebbe avere una propria versione cinese entro sei-nove mesi.
Dopo esser andata via in disaccordo con le volontà di Pechino, il colosso di Mountain View quindi ci ripensa e vorrebbe ritornare adattandosi proprio ai diktat del governo cinese. Cosa che fanno già altri come LinkedIn, che già censura alcuni post quando ci sono di mezzo indirizzi IP cinesi o ancora Facebook che recentemente ha lavorato a una modifica del suo algoritmo che elimina automaticamente determinati post. Un po’ come a dire la fetta di mercato è enorme e i colossi web non vogliono certo farsela scappare a discapito dei risvolti etici delle loro intenzioni.