ROMA (WSI) – Niente più contratti a progetto, simbolo della flessibilità in entrata e in uscita nel mondo del lavoro italiano. Il governo Renzi intende infatti dire addio ai famigerati Co.Co.Pro..
A riferirlo è stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in occasione di un confronto con le parti sociali, ovvero imprese e sindacati.
“Pensiamo di fare una operazione che blocca la possibilità di fare nuove collaborazioni a progetto. Su quelle esistenti bisogna invece cercare di trovare una modalità di gestione della transizione”, ha dichiarato in merito alla volontà di riordinare le tipologie contrattuali.
Poletti ha spiegato che venerdì il Consiglio dei Ministri esaminerà il Jobs Act. In particolare ne varerà i primi due decreti attuativi, quello sul contratto a tutele crescenti e quello sugli ammortizzatori sociali, la nuova Aspi che si chiamerà Naspi.
Il primo sarà introdotto a partire dal inizio marzo, il secondo dal primo maggio.
I sindacati chiedono e pretenendono di più, sottolineando che “il governo ha già dato tanto alle imprese”. Il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, torna sull’incontro di ieri al Ministero del Lavoro, convocato sul decreto di modifica delle tipologie contrattuali, che sarà approvato domani dal Consiglio dei Ministri, così come in via definitiva quello sul contratto a tutele crescenti e sula Naspi.
“Si possono ridurre sensibilmente le tipologie di lavoro – osserva la dirigente sindacale, che elenca le proposte della Cgil -: un tempo indeterminato per il quale dopo tre anni sia garantito che, in caso di licenziamento illegittimo verificato dal giudice, si possa disporre il reintegro mettendo il lavoratore nelle condizioni di poter scegliere tra questo e il risarcimento; un contratto a termine con la causale che attesti la ragione per la quale l’impresa ti assume a termine e non a tempo indeterminato; un apprendistato realmente formativo e che abbia la finalità di professionalizzare il lavoratore; la somministrazione per esigenze temporanee o comunque che non consentano all’impresa una dipendenza diretta ma con maggiori protezioni sociali; una forma di lavoro autonomo e professionale che abbia gli stessi diritti del lavoro subordinato, ovvero maternità/paternità, riposo, malattia e infortunio, equo compenso e formazione, ma che sia realmente autonomo e non fintamente utilizzato dalle imprese”.
Secondo il segretario confederale della Cgil “vorremmo tutti sostenere un governo che finalmente faccia qualcosa per ricostruire diritti per i lavoratori, guardando al futuro oltre che alla condizione materiale del presente. Il governo abbia il coraggio domani di cambiare il decreto sulle tutele crescenti: tolga le norme sugli appalti e sui licenziamenti collettivi; restituisca al lavoratore dopo tre anni la possibilità, in caso di licenziamento illegittimo verificato dal giudice, di poter scegliere tra il reintegro e il risarcimento aumentando le attuali previsioni; cancelli tutte le forme elusive del lavoro subordinato se si vuole veramente rendere il contratto a tempo indeterminato il rapporto di lavoro prevalente”.
(DaC)