Mentre l’emergenza sanitaria causata dal coronavirus non accenna a rientrare, maggioranza e opposizione iniziano a ragionare sul post-crisi e in particolare sull’ipotesi di far nascere un “governo di ricostruzione” guidato dall’ex presidente della BCE, Mario Draghi.
Un’ipotesi che, secondo il Corriere della Sera, sta prendendo piede alla luce del fatto che appare ormai evidente che le conseguenze economiche che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi mesi sono simili a quelle affrontate nel dopo-guerra. In questa situazione, come ha ribadito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella appare fondamentale la stessa unità di allora.
Fonti vicini al Governo stimano un calo del Pil nel 2020 tra il 5 e il 7%, nell’ipotesi più rosea. Per non parlare del debito pubblico, tallone di Achille dell’economia italiana, che potrebbe impennarsi. Giorni fa il leghista Giorgetti parlava di una crescita fino al 140-160%.
Nel frattempo sono in molti a chiedersi se, in un contesto del genere, se il governo attuale possa reggere fino al 2022.
Sono sempre più numerosi quelli che pensano a un esecutivo di unità nazionale. E Draghi, a questo proposito, appare la la figura in grado di mettere d’accordo tutti.
Già in molti, esponenti delle forze al governo ma anche all’opposizione stanno invocando. Da Salvini a Renzi, passando per Berlusconi tutti sembrano essere favorevoli affinché l’ex governatore della Banca Centrale Europea prenda le redini del governo ad emergenza finita. D’altronde l’ipotesi di nuove elezioni appare assai improbabile.
Draghi d’altronde sembra avere tutte le carte in regole per assumere le redini del Paese: al di là del suo alto profilo “finito il suo mandato – si legge sul Corriere – non sarebbe un competitor dei partiti, perché – come dice un rappresentante dem – la sua destinazione sarebbe il Quirinale”.